Le mie conclusioni.

Ecco di seguito la trascrizione integrale delle mie (lunghe…) conclusioni di “Arriva Godot”, la prima conferenza generale delle culture e del turismo a Bari che ho tenuto gli scorsi 2 e 3 settembre. Seguiranno presto le altre trascrizioni con gli interventi di tutti gli altri. Come me, non tutti hanno letto interventi scritti. Dunque sborniare 16 ore di interventi e trascriverli è un lavoro impegnativo cui stiamo provvedendo.
Un ragionamento e una visione per la città che dobbiamo costruire.

Buona lettura.

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Cari tutti, care tutte,

vi confesso che mi ha fatto piacere che molti di voi abbiamo riconosciuto l’attitudine all’ascolto che l’amministrazione, per mio tramite e non solo, visto che mi accompagnano alcuni colleghi di giunta, ha voluto prestare a questa iniziativa in cui abbiamo molto creduto e continuiamo a credere tanto più dopo avervi ascoltato così in tanti – siete stati 119 a venire su questo podio a raccontarci, a raccontarvi e abbiamo ancora 39 iscritti che avrebbero voluto farlo e non hanno trovato il tempo e il modo per farlo -. Due giorni ci sembravano abbastanza, ma evidentemente non lo erano.

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Arrivederci, Anica.

Finisce nelle ore che si approssimano il mio anno da Segretario generale dell’Anica.

Ne lascio la responsabilità alle mani sapienti ed esperte di Stefano Balassone, perché – come noto – sono stato chiamato al compito, il più difficile della mia vita professionale, di “Assessore alle culture, al turismo, alla partecipazione e alla attuazione del programma” della Giunta di Antonio Decaro nella città metropolitana di Bari.

La mia città.

In tanti mi hanno chiesto: perché lasci il tuo mondo dell’audiovisivo per dedicarti alla politica?

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Arrivederci Venezia.

Sono a Toronto per il Festival del cinema.

Si chiama Tiff e davanti al suo marchio, all’ingresso della strada chiusa al traffico che rappresenta l’epicentro di tutto, le persone si fanno i selfie o chiedono alla miriade di giovani volontari amici del festival, di scattare fotografie.

Mentre nei prati dinanzi alle case, indisturbati scorazzano gli scoiattoli alla ricerca di ghiande.

Ho capito perché Toronto ha spazzato via, chissà se definitivamente, la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

Per fare un grande festival, ci vuole una grande città. Non si discute. Non ci sono alternative.

Costi accessibili e per tutte le tasche (dai professional ai talent, dai giovani appassionati ai cinefili incalliti), strutture permanenti dedicate con proiezioni di qualità eccelsa, un intero palazzo del cinema di 6 piani con servizi permanenti realizzato grazie a sponsor privati, istituzionali e a singoli donatori; un sistema di accrediti funzionale e molto costoso che crea due canali: quello dei cinefili e quello dei professionisti.

Se appartieni alla seconda categoria la tua azienda potrà pur pagare 600 dollari canadesi e consentirti così, di accedere alla visione di 400 titoli (tanti ce ne sono in cartellone) da acquistare, semplicemente negoziando con il contatto del venditore inserito in catalogo. Se sei spettatore, potrai pur fare la fila e procurarti un biglietto. Le sale non mancano.

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Tanti anni fa.

Tanti anni fa, quando facevo il rappresentante degli studenti presso il Liceo scientifico “Enrico Fermi” di Bari, imparai una cosa che non ho mai più dimenticato. La imparai grazie alla mia professoressa d’inglese, Rosanna Brancaleone e a quella di disegno, Nunzia Guagnano. Due donne fondamentali per la mia formazione e capaci di infondere curiosità, dubbi, coraggio e forza intellettuale nei giovani in formazione. Esattamente quel che ci si aspetterebbe dalla scuola pubblica.

Ebbene fu dopo le occupazioni e l’autogestione della scuola nell’anno 1993 che una docente di una sezione diversa dalla mia, disse alla professoressa Brancaleone che i tempi in cui si insegnava sereni, senza intemperanze studentesche, erano passati e che a causa mia e dei miei compagni di rappresentanza studentesca (altri 3) quel clima non sarebbe mai più tornati.

La professoressa d’inglese mi raccontò l’aneddoto giorni dopo dicendomi che no, non avrei dovuto mai dar retta a quelle parole e che la vita è così: punisce chi è in vista e che solo nello stato di eccezione, si vede la qualità delle persone.

Insomma, da allora ho imparato la lezione e vado avanti per la mia di strada. A farmi sbagliare non saranno di certo i falsi amici e i petulanti malmostosi. E così, cammin facendo, son diventato adulto, grazie anche a questi consigli.

 

 

Arriva Godot

Cosa mi aspetto io da “Arriva Godot”?

Di ascoltare per ore ragionamenti intelligenti, di rimanere stupefatto da racconti di iniziative viste in giro per il mondo, di conoscere artisti e operatori che non conoscevo prima, di incontrare persone belle e ricche dentro, di condividere davvero la passione per una città migliore e più bella, più umana e coesa, più sviluppata e a misura di uomini, donne e bambini. Mi aspetto di capire, insieme a chi ogni giorno sta in trincea, come rilanciare la città turistica e rendere Bari un posto all’altezza delle ambizioni che nutre.

Mi aspetto di crescere insieme a chi mi ascolterà per le conclusioni che trarranno il disegno dei prossimi anni di culture e turismo a Bari e nella città metropolitana.

Arrivederci tutti ad Arriva Godot.

Crudeltà digitale

Un divertente articolo di Federico Rampini, sempre attento alle tendenze in atto nella società globale iperconnessa, ci descrive dal lato nordamericano, per come siamo anche noi. Crudeli digitali. In particolare i social network, ci stanno trasformando in bestie feroci, assetate di sangue. Altrui.

Leggetene tutti: Rampini

Favara

Sono colpito dalla bellezza di questo progetto, nato dalla intuizione e dalle risorse di un privato, e presto divenuto centrale nella rete dei luoghi decisivi per l’arte contemporanea europea.

Arte contemporanea è un concetto largo, esteso, che racconta di ogni forma espressiva tipica della condizione odierna.
Rivivere un luogo in cui artisti che vivono e operano qui e ora, nell’oggi con lo sguardo rivolto al futuro, è il miglior modo per rilanciarne l’identità e per recuperarne la bellezza perduta.

Noi lo faremo. A Bari.

Fonte: Favara Farm Cultural Park

Se la politica fosse…

Se la Politica fosse una scienza asettica, allora io mi sarei limitato, qualche giorno fa, a postare la sola delibera di giunta comunale numero 700 del 2013 per dimostrare che nessuno intendeva prima e tantomeno intende oggi sfrattare la ludoteca dal parco di Bari (l’unico vero parco cittadino: un vuoto urbano arricchito da alberi ad alto fusto, prati, percorsi ciclabili e pedonali).

E tutti avrebbero capito che Fabio Losito, che non era presente in quella giunta, semplicemente faceva propaganda pregiudiziale, senza aderenza alla realtà.

Ma la politica è una scienza passionale, che muove le persone a dire e fare cose spesso lontane da quello che razionalmente riterrebbero giusto o necessario fare per garantire l’affermazione di un principio o di un’idea.

La politica divide i percorsi umani, separa le carriere, disunisce i fronti sociali, assedia le solidarietà, rompe le amicizie, spacca i soggetti collettivi, frantuma opinioni consolidate, rende possibile l’impossibile e impossibile quello che sembra già fatto.

La politica consente a una poveraccia qualunque, di nascondere il mio nome dietro uno sciocco appellativo pseudo grillino per evitarsi la querela e offendere rimanendo impuniti, per il puro triste piacere di vomitare addosso agli altri le proprie frustrazioni professionali.

Anche di queste bassezze è popolata la provincia che noi dobbiamo aiutare a divenir Capitale.

Ma la bella politica, quella che ha acceso dei ragazzi come eravamo Fabio ed io, rendendoci refrattari a qualunque servitù, chiamandoci all’impegno per i più deboli, facendo sentire sulla nostra pelle le ingiustizie e spingendoci a orientare tutta la nostra vita verso il bene comune, non deve mai mostrare il suo lato ferino, animalesco, inumano.

La Politica per me è confronto di idee per raggiungere la giustizia sociale e il benessere comune, non il conflitto amico/nemico, cui ci hanno abituato tante pagine di politologia schmittiana e le guerre che insanguinano l’intero pianeta.

E stamattina tutto questo, cioè chi sono e da dove vengo, me lo hanno ricordato la mia cara amica Antonella e poi Isa e tante altre donne. Esseri umani che sanno essere migliori di noi uomini (leggere la foto storia di Internazionale di questa settimana per capire di cosa parlo) e che mi hanno aiutato a capire che aggredire non è corretto e non mi appartiene come cultura politica e personale.

E allora io penso sia giusto chiederti scusa, caro Fabio, per il modo in cui ho voluto segnalarti un’aporia grave nel tuo ragionare.

Rimango infatti convinto che tu fossi in errore. E mi piace qui, pubblicamente, riavvolgere il nastro di questo nostro scambio di epistole pubbliche e ripartire lì donde avrei dovuto attestarmi all’inizio.

Dalla pubblicazione di un atto pubblico, consentendo alle singole intelligenze dei nostri eventuali lettori di farsi la propria opinione.

E a te dire, torniamo a parlare di Politica, cioè del bene di tutti?

Con affetto.

1 2 3 4 5Silvio

 

 

Amministrare è una cosa seria.

NB: questo è un post molto locale. I lettori non baresi possono tranquillamente evitarne la lettura.

Voglio bene a Fabio Losito. Sin dai tempi lontani di un’estate in cui, dopo le lotte studentesche di cui eravamo a capo – lui al Giulio Cesare, io al Fermi – partimmo con la vecchia Panda rossa di mia madre alla volta di un Salento ancora lontano dall’invenzione della sua tradizione turistica. Ricordo che insistetti per fargli ascoltare Led Zeppelin III e che lui, per tutta risposta, in una curva, decise di gettare la musicassetta lasciandomi sbigottito.

E ho continuato a volergli bene anche dopo il suo post acido in cui annunciava l’addio a Sel, citandomi indirettamente – e assurdamente – come una delle cause di tale abbandono.

Anni e amicizie dopo, ha scoperto la bellezza della musica rock e l’ha finanche suonata sui palchi di mezz’Italia. Sino a quando, sempre io, suggerii il suo nome come assessore alla cultura con Enzo Divella presidente della Provincia di Bari. Storia che tutti conoscono, ma evidentemente lui non ricorda.

Temo che, molti anni dopo, nonostante le esperienze vissute, non abbia perso il vizio dell’irruenza.

Sicchè ieri postava una sua riflessione su Carabinieri, Emiliano e Decaro piena di cosí tante inesattezze che si rende opportuno rinfrescargli la memoria.

Nella delibera in questione, la numero 700 del 29.10.2013, si dà un semplice atto di indirizzo. Lo scopo è quello di consentire il presidio del parco da parte dei Carabinieri affidando loro, a proprie spese, l’edificio che, fino a quel momento ospitava gli uffici per la sede legale della Cooperativa “Progetto città”.

Tutti conoscono la differenza tra sede legale e sede operativa. A maggior ragione lo sa bene un ex Assessore.

E come tutti sanno infatti, i bambini e le bambine svolgono da sempre le loro attività non in quei locali dove al piano terra ci sono i bagni del parco, ma presso il nuovo spazio in legno e vetro realizzato con fondi FESR, con accesso da viale della Resistenza.

Dunque l’intenzione era di spostare la Cooperativa che utilizzava quello spazio, per affidarlo ai Carabinieri.

Ció avrebbe consentito alla cooperativa, in virtù dell’eccellente lavoro di presidio sociale che svolge per i bimbi della nostra città, di fruire dello spazio ex bar, posto a pochi metri dall’edificio in questione.
Bar che nel contempo si era scoperto essere sprovvisto di impianti che consentano la somministrazione di alimenti e bevande. Cui occorrerà provvedere in ogni caso.

Forse se Fabio fosse stato presente durante la Giunta (o se avesse letto la delibera) in cui si discusse della questione, avrebbe ricordato meglio.

Tutto è andato in prescrizione con le elezioni.

Antonio Decaro, a pochi giorni dal suo insediamento, dichiara semplicemente di voler tenere fede al precedente indirizzo.

Qual è il problema che insorge oggi e che non è mai insorto prima, tantomeno quando Losito era Assessore?

Io credo che per fare il mestiere di politico – sia pure temporaneamente – occorre non essere mai ricattabili.

Se il tuo sindaco, cioè colui che ti ha scelto e indicato nella sua Giunta, ti dà del “citrullo”; se non sei ricattabile, lo mandi al diavolo, spiegando i motivi politici, e ti dimetti. Se sei ricattabile fai la voce grossa, spari due fesserie ideologiche ma rimani al tuo posto, fregandotene di aver perso faccia e credibilità.

Essere credibili consente di evitare di sparare sentenze su temi, delibere, fatti a cui hai partecipato direttamente o indirettamente e magari comincerai a raccontare sul tuo blog la verità delle cose, senza dover ricorrere a menzogne travestite da proclami ideologici, fanfare da difensore dei migranti che hai colpevolmente sbattuto in un edificio pericolante, sprovvisto di acqua, luce e fogna. Peraltro nemmeno di proprietà comunale. Cagionando al Comune di cui sei stato amministratore guai serissimi col Ministero (il Mibact per la precisione, come i quotidiani di questi giorni raccontano).

Io credo che i principi ispiratori cui un buon amministratore deve tener fede sono la serietà e la coerenza con la propria visione politica che si traduce nel suo buon operato.

E non sopporto la propaganda di chi vuol togliersi sassolini legittimi, senza avere cura dell’intelligenza altrui.

Fonte: dispositivo della delibera di giunta comunale numero 700 del 2013.

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Per iniziare a parlare di strategie per culture e turismo.

Una mia piccola intervista, in preparazione della conferenza generale delle culture e del turismo di Martedì 2 e Mercoledì 3 settembre prossimi.

Affari italiani