Ok Boomer!

Con la sua newsletter “OK Boomer!” del 18 luglio 2023, Michele Serra mi ha stimolato a rimetter mano ad alcuni pensieri che si affollavano confusi nella mia testa. Ho impiegato un’oretta a rimettere insieme i pezzi cronologici di una cronaca politica che racconta uno snodo drammatico della nostra storia recente. E così ne ho fatto un pezzo che ho inviato al celebre giornalista. Il quale ha voluto cordialmente rispondermi. Ecco qui lo scambio e, in coda, la fonte da cui tutto è partito.

Caro Serra,
ho letto e apprezzato, al solito, la tua ultima “boomerata” e desidero fornirti una visione espansa e schematica della lettura che il tuo amico M. fa del 2011, facendo qualche passo indietro per capire meglio la prospettiva storica.

Il 29/3/2010 Nichi Vendola, vince le regionali e viene confermato Presidente della Regione Puglia, nonostante avesse dovuto sottoporsi da uscente, alle primarie contro Francesco Boccia, candidato dal PD (segretario nazionale era il dalemiano Pier Luigi Bersani).

Giungono a Bari da tutto il Paese e dal mondo decine e decine di adesioni alle “Fabbriche di Nichi” con il motto “Pugliamo l’Italia”;

Il 22/4/2010 durante una drammatica assemblea del Partito delle Libertà, il presidente della Camera dei deputati e segretario di Alleanza nazionale Gianfranco Fini, seduto in platea, domanda gridando con il dito alzato a Berlusconi – al tempo Presidente del Consiglio – “che fai, mi cacci?” Il PdL si scioglie: Fini si porta via 33 deputati e 10 senatori, fondando Futuro e Libertà.

Da notarsi che non vanno con lui Giorgia Meloni, Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri. Fini, anni dopo, raccontò che il reale motivo della sua uscita dal Pdl fu il suo netto rifiuto quando Berlusconi gli chiese di convincere Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia, a far approvare un emendamento che accorciasse i tempi di prescrizione dei reati.

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Lettera aperta a Luigi De Laurentiis

Caro Luigi,

mi permetto di darti del “tu” per l’antica consuetudine di ritrovarci, fra colleghi, in Anica e per quei rapidi, ma affettuosi scambi che abbiamo avuto in questi anni tra gli spalti del San Nicola.

Immagino quanto cocenti siano, anche per te, queste ore successive alla sconfitta di ieri. Tanto più dolorosa perché davvero ci credevamo in tanti. In quella folla enorme c’è tutta l’ambizione di una città cresciuta sotto ogni aspetto in questi anni, grazie alla guida politico-amministrativa di un Sindaco capace e amatissimo come Antonio Decaro e a coronamento della crescita complessiva di tutta la Regione negli ultimi vent’anni.

In questo percorso di crescita, mancava appunto all’appello proprio il coronamento di un cammino impervio ed entusiasmante che, seppure non preventivato a inizio anno, ha visto investire capitali e passioni per ricondurre Bari lì dove merita di stare, tra le grandi dello sport più amato e popolare d’Europa.

Se pensi che la città di Manchester, poco più grande di Bari con i suoi 553.230 abitanti, ha due stadi e che quello in cui gioca il City – recente vincitrice della Champions e considerata la più forte (e ricca) squadra del mondo – ha 53.400 posti a sedere, lo spettacolo che il pubblico pugliese ha offerto ieri sugli spalti del San Nicola, può a giusto titolo considerarsi di livello globale.

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Un viaggio in Oman

Ho trascorso con mia moglie la settimana pasquale in Oman, ultimo lembo di terra della penisola arabica, schiacciato tra alte montagne rocciose, deserto e Oceano Indiano. Terra di forte rigore musulmano ibadita e dottrina conservatrice, con un sistema di potere assolutista ereditario e infrastrutture moderne ed efficienti; il Sultanato presenta una nuova rete stradale, porti da sempre mèta di traffici con la vicina India e la Cina, un PIL fondato per oltre la metà su estrazione e raffinazione di petrolio e gas naturale, una condizione generale di vita più che accettabile con un Pil pro capite superiore alla media mondiale e pari a oltre 16mila euro a persona. La profonda educazione e la tolleranza della sua popolazione di poco superiore ai 4 milioni di persone –  come la Puglia – ne fanno un luogo ideale per chi vuole conoscere da vicino popoli e terre millenarie. Nel viaggio in auto abbiamo attraversato luoghi di bellezza trascinante come i Wadi, gole scavate dalla forza di fiumi eterni tra rocce ripidissime, facendo bagni in insenature naturali di acqua verde e pura; trascorso ore e notti magiche con famiglie beduine e cammelli, nel silenzio ventoso del deserto in cui le dune cambiano conformazione in poche ore e le orme segnate dal lento passare delle carovane, vengono costantemente cancellate dalla maestosità degli elementi primordiali; conoscendo la forza trascinante delle onde oceaniche del mare arabo, nuotando tra le tartarughe che depositano le proprie uova su spiagge rigorosamente controllate dalle autorità affinché nessuno le disturbi durante la deposizione e la schiusa, visitando modernissimi musei e contrattando all’ultimo riyal nei Suq presenti in ogni città l’acquisto di incenso e tessuti.

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La tendenza a farci del male.

Come lo scorpione nella favola della rana che guada il fiume, così i baresi canalizzano spesso le proprie personali insoddisfazioni verso bersagli sbagliati e commettono – con la naturale tendenza ad assecondare la propria natura perversa – atti talmente sconsiderati da cagionare un danno a tutta la propria comunità. Pensando a questa tendenza provo un forte disagio nel leggere le dichiarazioni di critica al Bif&st che sono piovute su Felice Laudadio, all’indomani del suo ennesimo grido di allarme circa le modalità sempre faticose e tardive di finanziamento del festival. Mi hanno sorpreso in particolare gli imprenditori culturali che hanno perso l’occasione di saldare con il Bif&st le proprie legittime rivendicazioni rivolte alla Regione che da tempo non eroga risorse ordinarie a sostegno del comparto culturale, chiedendo invece alle Istituzioni locali di cessare ogni finanziamento al festival, per dirottarle sul sostegno alle imprese locali. Un errore politico che trovo di respiro cortissimo.

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Rivoluzionari annoiati

Nel 2005, spinti dall’entusiasmo scaturito dalla prima vittoria di Nichi Vendola alle regionali pugliesi, con un gruppo di amici ci mettemmo in testa di occupare una vecchia scuola nautica di Bari, abbandonata scandalosamente da decenni, per farne un centro culturale polifunzionale. O più banalmente per scacciare la noia estiva, come qui sostiene il grande Marcello Introna, che ne scrisse anni dopo, alterando letterariamente alcuni dettagli.

Alcuni giorni fa l’ADISU Puglia, ha annunciato di voler ristrutturare quel vecchio e bellissimo immobile, proprio nel cuore del popoloso e popolare quartiere Libertà di Bari (quello dove anche io abito), per farne uno studentato universitario.

Mi pare una bellissima opportunità, sebbene tardiva.
Ma va bene così, perché vuol dire che quasi tutti i nostri sogni giovanili sono stati o stanno per esaudirsi.
Tra poco potremo goderci serenamente il frutto dei nostri sogni collettivi di una città migliore.

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Perche voterò NO.

Inizia a parlarsi del Referendum confermativo costituzionale senza quorum del 20 e 21 settembre prossimi, quando gli italiani saranno chiamati a confermare o negare la riforma che diminuisce il numero dei parlamentari (da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori) pari al 36,5% rispetto a ora.

Chi l’ha proposta (M5S e Lega), ritiene così di tagliare i costi della politica e rendere più efficiente il Parlamento.
Sul primo punto il risparmio sarà di 1 euro a cittadino l’anno. Sul secondo punto, invece, la riforma lascia immutato il bicameralismo perfetto, senza toccare i regolamenti parlamentari (che hanno rango primario di legge), dunque il lavoro in commissione sarà immutato e la legiferazione passerà sempre dalle stesse ‘navette’ parlamentari. Gli argomenti a sostegno della (contro)riforma, sono quelli tipici dei populismi che vanno di moda in questi anni bui.

Io voterò NO per molte ragioni che vi elenco.

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I compiti per dopo.

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Capire come funzionano i bilanci pubblici è semplice.

Per ogni infermiere, medico, operatore socio-sanitario impegnato in questa dura lotta per la vita e la salute, ci dev’essere un numero di lavoratori, manager e imprenditori che – pagando le tasse – consentano di coprire i costi dei dipendenti e dei servizi pubblici. Una parte del compenso dei lavoratori e dei fornitori privati del settore pubblico, torna allo Stato sempre sotto forma di tasse, sanzioni e accise.

Lo Stato, tuttavia, non si finanzia solo con le tasse. Lo fa anche attraverso l’emissione di titoli di debito pubblico: gli investitori – cioè cittadini, imprese e banche – contraggono un accordo con il quale lo Stato si impegna a restituire dopo qualche anno oltre al capitale investito, una quota di interessi sui quali trattiene una percentuale, sotto forma di tasse.

Il peso del debito pubblico – cioè la somma di tutte queste obbligazioni che lo Stato ha contratto nel corso di svariati decenni – viene scaricato sugli investitori a ogni emissione di nuovi titoli e protratto nel tempo a scapito delle generazioni future.

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Alla fine è arrivato Godot.

Ho riletto le mie conclusioni alla prima conferenza generale delle culture e del turismo tenutasi a Bari e da me promossa presso lo Spazio Murat nel settembre 2014 dal titolo “Arriva Godot”.

Le riporto qui di seguito per chi volesse leggerle.

E’ davvero sorprendente quante cose siamo riusciti a realizzare di quel programma, di quella visione.
Ora tocca ad altri andare avanti sulla strada tracciata.
In coda riporto anche tutti gli interventi di operatori, personalità e Sindaco che parlarono

Buon lavoro e buona lettura. 

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Dopo il servizio, tornare ai propri amori.

Ho scelto di non continuare l’esperienza di amministratore pubblico locale, come pure in tantissimi – commuovendomi – hanno chiesto di fare a me e al Sindaco Antonio Decaro – cui spetta il compito di nominare gli Assessori – che ringrazio per l’amicizia, la stima, la lealtà che mi ha sempre dimostrato – contraccambiato – in questi cinque anni.

Rimarrò sempre legato a questa nostra comune esperienza, certo di avere servito con onore i principi della nostra Costituzione e di aver orientato la mia e nostra azione ai programmi di coalizione e alle idee di una sinistra aperta e inclusiva, moderna e popolare.

Sono stati anni durissimi a causa della crisi dei conti pubblici; anni privi di risorse che potessero consentirci una vera espansione culturale di Bari, una città in cui sono completamente assenti le istituzioni che danno continuità e forza all’offerta culturale e allargano la domanda.

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Bari, la “Next Big Thing”.

Ci sono sogni professionali inconfessabili.
Poi ci sono le visioni, che animano tutti noi, donandoci passione e impegno quotidiano per renderle possibili.

Quando Antonio Decaro mi ha chiamato a comporre la sua Giunta comunale nella città in cui sono nato, mi sono formato ed in cui sta crescendo mio figlio; venivo da una lunga esperienza nel mondo cinematografico e manageriale.

Ero abituato ai sogni e alle visioni.
Sapevo e so che sono loro a rendere possibili le grandi conquiste.
E avevo visto, infatti crescere la Puglia sotto le mie, le nostre mani.

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