Le mie conclusioni.

Ecco di seguito la trascrizione integrale delle mie (lunghe…) conclusioni di “Arriva Godot”, la prima conferenza generale delle culture e del turismo a Bari che ho tenuto gli scorsi 2 e 3 settembre. Seguiranno presto le altre trascrizioni con gli interventi di tutti gli altri. Come me, non tutti hanno letto interventi scritti. Dunque sborniare 16 ore di interventi e trascriverli è un lavoro impegnativo cui stiamo provvedendo.
Un ragionamento e una visione per la città che dobbiamo costruire.

Buona lettura.

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Cari tutti, care tutte,

vi confesso che mi ha fatto piacere che molti di voi abbiamo riconosciuto l’attitudine all’ascolto che l’amministrazione, per mio tramite e non solo, visto che mi accompagnano alcuni colleghi di giunta, ha voluto prestare a questa iniziativa in cui abbiamo molto creduto e continuiamo a credere tanto più dopo avervi ascoltato così in tanti – siete stati 119 a venire su questo podio a raccontarci, a raccontarvi e abbiamo ancora 39 iscritti che avrebbero voluto farlo e non hanno trovato il tempo e il modo per farlo -. Due giorni ci sembravano abbastanza, ma evidentemente non lo erano. Vi confesso anche che un amico mi ha mandato un messaggio dicendo che la parola che circola in questa sala, l’aggettivo che circola è stoico, io l’ho letto male pensavo storico, ma invece è stoico, si riferiva appunto alla pazienza che ci abbiamo messo tutti insieme ad ascoltarci. Io in verità mi sono sentito, lo diciamo in giunta scherzando, come – non so se ve la ricordate la pubblicità degli anni 80 – a tratti mi avete fatto sentire così – che era la pubblicità delle rubinetterie Zucchetti quelle nelle quali l’unico protagonista sulla scena chiudeva un rubinetto d’acqua e appena lo chiudeva se ne apriva un altro da un’altra parte e poi correva a chiuderne un altro e poi un altro ancora e poi partiva il refrain “si chiama Zucchetti, la libertà di fare con l’acqua quel che ti va”, quei motivetti degli anni 80 meravigliosi… Visto che Vincenzo Bellini parlava della nostra generazione, anche se io sono figlio degli anni 90, esattamente come te, più che degli anni 80, però quei motivetti che entravano nella coscienza collettiva sconvolgendola e pur tuttavia, diciamo, raccontavano più di ogni altra cosa la sensazione del protagonista, ebbene oggi protagonisti siete stati voi e oggi per me e credo per tutti voi, per tutti noi, è l’inizio di un percorso non è la fine di una stagione, non è la pagina che apriamo per la nuova stagione.

Io non voglio essere, non vorrò essere mai retorico in queste provvisorie conclusioni, conclusioni alle quali si è aggiunto rendendo me felice e credo anche tutti voi felici, anche il Sindaco di Bari a dimostrazione del fatto che questa come egli ha detto ripetutamente, in campagna elettorale, non è una delega che si assegna ad un assessore, non è un impegno di cui il sindaco si spoglia per affidarla alle cure di un assessore tecnico, competente, bravo, come molti di voi avete sperato che io sia, bensì è l’asse, l’architrave, la colonna su cui questa amministrazione intende fondare le proprie iniziative, le proprie attività e non perché, come ci siamo detti, il turismo è una funzione economica e la cultura è una funzione civile, ma per una ragione ancora più complessa, perché tutto quello che noi facciamo, da quanto ci alziamo la mattina a quando andiamo a dormire la notte è espressione della nostra coscienza, è dunque un atto culturale, questo dicono tutti gli studi più recenti ed io vorrei uscire da qui ed invitarci tutti, d’ora in poi come dire, a considerare chiuso questo dato in cassaforte.

La cultura è importante perché è la stessa ragione di esistenza di noi tutti. Noi quando ci svegliamo compiamo degli atti, per esempio ci laviamo i denti, facciamo la doccia e se non chiudiamo l’acqua mentre ci laviamo i denti è evidente che – quanti di voi lo fanno? – è evidente che compiamo un atto culturale, non ci prendiamo cura dei nostri figli, dimentichiamo che l’acqua, per esempio è un bene finito; allora come vedete, con un esempio banalissimo, qui non stiamo parlando di una materia iperspecialistica che il Sindaco di Bari ha affidato ad un suo assessore, qui parliamo della ragione stessa di esistenza del bene comune, dell’esistenza stessa di un Comune che è la casa di tutti i cittadini della nostra città e dell’area metropolitana in futuro, e dunque parliamo di noi, questo per sgombrare il campo da questa annosa questione su che cosa sia la cultura.

Per me è cultura tutto quello che ci circonda e c’è un amico che è stato assessore 10 anni fa, Pasquale Martino, che è venuto a salutarci il primo giorno, ieri, e mi ha detto, scusa, ma perché non hai aperto tu, facendo una introduzione e orientando il dibattito? Giustamente Pasquale me lo chiedeva in totale buona fede, ecco io penso che noi abbiamo fatto proprio bene a impostarla così questa due giorni intensissima, no? Il Sindaco ci ha portato il saluto e ci ha detto guardate: a me tutto questo è a cuore, io ci tengo, ci tiene l’amministrazione e poi abbiamo lasciato la parola a voi perché i tempi che viviamo sono un po’ difficili, molto difficili, e nessuno di noi è più disposto a delegare nulla ad altri, ognuno di noi si vuole sentire qui ed ora padrone del proprio tempo, comandante della propria nave e questo avete detto tutti: ognuno di voi è stato nel suo piccolo l’assessore alle culture e al turismo di Bari; alcuni di voi hanno portato qui piccoli compendi di amministrazione, nei 7 minuti concessi, io né farò tesoro.

Ho preso appunti come avete visto, e qui non posso che trarre delle conclusioni ovviamente sommarie, precarie, temporanee che verranno aggiornate via via che andremo avanti in questa esperienza ed io voglio e desidero che noi tutti vogliamo che sia un passaggio collettivo, perché non si amministra la complessità in modo complesso, come qualcuno ha detto qui, si amministra la complessità in una maniera la più semplice possibile: dialogando.

Non si può decidere e costruire politiche sulla pelle di chi le subisce e di chi le vive. Allora a questo serviva “Ariva Godot”, questa è la ragione per la quale abbiamo intitolato così questa iniziativa, perché noi vogliamo discutere qui non di effimero, come pure ho letto su qualche giornale, noi vogliamo discutere per la ragione stessa per la quale esistiamo, certo ci alziamo e mangiamo assolviamo ad altre funzioni elementari ma poi vogliamo avere un senso nella nostra vita.

Ora provo a fare sintesi di quelle numerosissime idee che sono qui arrivate, e che come dire, mi permetto di assumere l’impegno dell’amministrazione, che noi faremo non soltanto nostre nell’arco del quinquennio e dell’anno a venire, ma che ogni anno ripeteremo in un passaggio che non deve essere rituale.

Qui non c’è stato nulla di rituale, abbiamo scelto una forma, certo, e quindi una liturgia, però noi vorremmo che questo diventasse un appuntamento fisso, in cui ogni anno e magari anche più volte all’anno se ce la facciamo, riusciamo a mettere qualche punto fermo e a vederci occhi negli occhi.

C’è una immagine che serberò con me, nei mesi a venire, che mi dà forza e mi fa credere che non abbiamo sbagliato a vederci qui. Uno di voi, è successo più volte, una persona che è intervenuta prima di me, è scesa dal palco ed è stata avvicinata da una collega la quale, come fanno i giapponesi, gli è andata sotto, con un biglietto da visita dicendo: “ciao, mi è piaciuto il tuo intervento, io sono”…ed ha dato il suo biglietto da visita.

Ecco, a questo serve “Arriva Godot”, e a questo noi dobbiamo vocare i nostri prossimi mesi di lavoro, a tenervi uniti, perché oggi è il tempo di essere uniti; questa città ha bisogno non di ecumenismo, non di melassa, ha bisogno di prendere delle decisioni e noi le prenderemo.

Avete scelto un Sindaco che ha il suo tratto caratteristico principale nella capacità di intervenire nei processi e nelle complessità, però lo fa in maniera semplice, togliendo le sovrastrutture, e noi dobbiamo fare esattamente questo.

La nostra identità è molto composita, siamo figli di dominatori e nei nostri geni abbiamo geni romani, bizantini, musulmani, berberi, angioini, saraceni, veneziani, normanni. Abbiamo dentro il sangue di Federico II, eppure la nostra storia se la guardate dall’alto, se vi allontanate e la mettete su una barra diacronica, se preferite cronologica, scoprirete che ci sono dei momenti topici nella storia della città in cui la città e le sue forze sane e vive hanno come cambiato l’interruttore, hanno preso l’interruttore e hanno detto adesso si cambia.

Questi momenti per me sono stati due: uno è il 1087, l’altro è stato in quel breve ma straordinario periodo in cui in pochi mesi, l’incipiente borghesia della città, è intervenuta sulla pianta della città e di trasformarla creando da zero un teatro che tutti conosciamo che è il Petruzzelli, un altro su palafitte, con l’opera dell’ingegno fiscale, come tutti sapete, che è il Margherita e poi prima ancora il Piccinni fine 800 e il Kursal esempio straordinario di liberty.

Ecco 1087 e fine 800 e primi del 900 sono i momenti della storia della città in cui prima la città marinara e poi la città borghese hanno deciso che la storia doveva cambiare che era necessario mettere all’altezza delle aspettative della cittadinanza una nuova storia. Non bastano le opere fisiche a scrivere la storia di un luogo, ma la sua identità è figlia di quei luoghi: lo avete detto in tanti, i luoghi sono fondamentali, in 8 secoli l’intelligenza di questa città si è messa alla prova e ha vinto le sue sfide, io penso che oggi siamo in una fase completamente simile, veniamo dalla più devastante crisi economica che tuttora continua, siamo in piena deflazione, possiamo fare due scelte diciamo: la prima è star dentro la crisi, semplicemente subendola, come se fossimo dentro l’onda e decidessimo, come accade ad alcuni surfisti, di assecondarla. E così significa semplicemente stare nel tempo ma dentro l’onda, il secondo è quello di scartare di lato, provarci tutti insieme ad inventare qualcosa per fare di questa crisi una opportunità straordinaria.

Per la prima volta questo assessorato si trova a gestire risorse scarse ed ha la certezza, lo ha detto qualcuno prima di me, la certezza che domani non sarà meglio, sarà probabilmente uguale.
E allora dobbiamo uscirne tutti insieme, non esiste il Godot, non esiste il Silvio Maselli o l’Antonio Decaro che vi possano fare il miracolo, esiste la vostra capacità di inventare nuovi scenari e la nostra capacità di assecondarli, perché questo deve fare un’amministrazione: guidare ed assecondare, indicare un punto e dire andiamo a prenderlo insieme. Non dirvi “questo è il punto così lo faremo, con queste risorse, con queste persone”, perché questo è merito vostro, tocca a voi dirci come si arriva sul punto. Il nostro merito, se lo avremo, è quello di indicarvi il punto, ma lo avete fatto tutti insieme.

Questa è l’epoca, per il Meridione, in cui sono finiti i trasferimenti statali. Oggi, amici miei, è molto più semplice, e ci arrivo, trovare risorse per ristrutturare e restaurare dei beni fisici, piuttosto che finanziare e far volare le attività. E’ molto più semplice trovare milioni di euro per ristrutturare un bene, piuttosto che dargli ossigeno, forze e gambe per realizzare attività. Perché? Perché noi veniamo considerati dall’unione europea, come sapete, una area, una zona estesa, quella del Mezzogiorno d’Italia, che deve ancora convergere verso i livelli medi di sviluppo. Vi mostrerò dopo delle slide che raccontano, però, come molto dipenda anche dalle imprese. Per questo ho voluto chiedere e mi perdonerete se ho loro concesso il doppio del tempo, al Presidente della Camera di Commercio, al professor Pirro ed altri, interventi interessanti che ci hanno portato i numeri, perché con i numeri noi capiamo quali sono i processi, altrimenti rischiamo di parlarci di molte cose belle, ma molto difficilmente concretizzabili e realizzabili.

Allora questo è il tema per me, per uscire da questa dialettica su cui molti di voi si sono, come dire, interrogati: se fosse giusto tenere insieme cultura e turismo. Per me è giusto, amici miei, per una ragione banale, perché non si può fare oggi turismo, non è possibile neanche immaginare di fare turismo se chi vive nel luogo che deve accogliere non vive bene. E allora tenere insieme cultura e turismo, che è stata la scelta del sindaco Decaro; legare inscindibilmente questi due aspetti, significa sfidare l’amministrazione, i cittadini, a rendere il proprio tempo migliore. Se noi vivremo meglio, se noi proveremo a vivere meglio, cioè a vivere la cultura, gli spazi culturali, le attività culturali e le attività di produzione e di distribuzione culturale e creativa come parte della nostra identità noi saremo buoni ospiti.

L’italiano che è una lingua meravigliosa, polisemantica e straordinariamente ricca di sfumature, per la parola “ospite”, ha invece avuto il braccino corto. Perché mentre l’inglese, per esempio, lingua facilissima, distingue tra l’ospite, cioè colui il quale offre l’ospitalità e colui al quale invece è offerta, ha due parole diverse “guest” e “host”, noi qui nella nostra lingua abbiamo tagliato spiccio e abbiamo detto basta una sola parola: chi è ospite è sia colui che ospita che colui il quale è ospitato. Ecco dunque che qui, dentro questa parola magica, c’è la chiave per capire quello che noi dobbiamo fare nei prossimi anni per me: uscire dalla logica del marketing territoriale, cioè dell’offrire una immagine bella, dietro la quale, però poi manca magari l’acqua potabile, hai problemi di fogna, il cordolo vacilla e ti ammazzano le persone in mezzo alla strada, è provare a tenere insieme questi due aspetti.

L’ospite è sacro, perché ogni cittadino e ogni cittadina di Bari sono sacri per noi. Lo è Florian Mesuti, alla cui memoria, mi piacerebbe dedicare questa giornata di lavoro, queste due giornate di lavori, perché nel suo cognome, nel suo DNA sono scritti i sogni di quelle centinaia e centinaia di migliaia di persone, migliaia delle quali sono approdate sulle nostre coste, in quella nave maledetta del 1991 che si chiamava Vlora e che i pugliesi hanno saputo accogliere ad onta di un governo che invece voleva respingerli, chiusi, assediandoli nel porto come fossero carbone da scaricare su una banchina e invece no, i baresi provarono a prestare loro soccorso. I baresi, noi, siamo ospiti perché sappiamo che cosa significa esser a nostra volta ospiti quando partiamo. Allora su questo, poche storie, no turismo se chi vive bene, chi vive qui non sta bene. Il turismo mettiamola così, è funzione dipendente della cultura, il turismo esiste se chi è qui ha un accesso libero, democratico, aperto e trasparente alla produzione e alla diffusione culturale.

La cultura è un’attività civile, il turismo è un’attività industriale, lo hanno detto in tanti, io davvero voglio superare questo equivoco perché, vi prego di mostrare adesso le slide grazie; perché esistono diversi modi di lavorare su questi temi, il mio per deformazione professionale è quello di ritenere che turismo e cultura siano vivi e attivi se a renderli tali ci siete voi, ci sono i cittadini, ci sono gli operatori. Però la cultura oggi deve essere necessariamente cultura della creatività e cultura d’impresa e dunque le industrie culturali e creative – che sono quelle imprese che fanno del capitale intellettuale, della proprietà intellettuale la propria ragione di esistere – devono imparare a investire e a crescere utilizzando i fondi comunitari, in particolare quelli messi a disposizione dal programma a gestione diretta della UE “Creative Europe”.

Noi, come amministrazione, dovremo dividere quello che è, diciamo, associazionismo, protagonismo sociale da quello che è impresa culturale. Dobbiamo farla questa distinzione, amici miei guardate, perché se non la facciamo, usciamo matti, usciamo matti perché c’è chi la mattina deve pagare, come ci ha detto Giuseppe De Trizio, le buste paga, deve assoldare agli obblighi Enpals, deve tenere aperta una struttura e fare una fatica immane per farlo e c’è chi invece, con tutto il rispetto, con una semplice associazione culturale, magari in assenza di partita iva, privo di qualunque controllo fiscale fa lo stesso mestiere e chiede anche il contributo al comune, no, su questo io vorrei essere chiaro, lo avete detto in tanti, lo avete detto in tanti ed ho già dato mandato alla direttrice a tutta la mia ripartizione di lavorare in questo senso: ci lavoreremo, lo discuteremo con le parti sociali, con le parti datoriali e ovviamente con tutti voi, se ci riusciremo, ma sarà difficile fare una consultazione larga, lavoreremo ovviamente con i sindacati, i datoriali e i lavoratori, ma oggi qui diciamo che il regolamento dei contributi che noi abbiamo in testa è trasparente, pubblico, cioè nel senso di reso pubblico e molto comunicato, triennale che prevede l’aggiornamento degli albi, che noi abbiamo un albo dove attualmente sono iscritte 465 operatori e dentro ci sono, c’è di tutto, associazioni culturali, i teatri , le imprese e i gruppi informali, le imprese di impegno sociale e civile e quelle invece, diciamo, il gruppo di amici. Va bene tutto, ma noi dobbiamo fare una distinzione e quindi separeremo l’aspetto commerciale da quello non commerciale e separeremo anche, guardate, come avete detti in tanti, le attività rivolte al pubblico con sbigliettamento e le attività che si rivolgono al pubblico come una iniziativa a diretta titolarità comunale che si affida ovviamente ad operatori ed organizzatori e operatori artistici per realizzarla, perché anche questa è una distinzione fondamentale.

Un conto è il concerto in piazza o l’evento in piazza reso gratuitamente fruibile per i cittadini e l’altra è iniziativa di chi, bontà sua – perché, dobbiamo per piacere considerarli degli eroi, perché in questi anni di crisi devastante hanno continuato, nonostante tutto a tenere aperta la loro bottega, perché la loro è una bottega al pari di altre, con una differenza che loro vendono proprietà intellettuale e talento, altri intermediano merci altrui che incorporano il valore intellettuale ma fanno un lavoro diverso…per questo io dico tanto di cappello, a quanti di voi da anni e nei prossimi anni fanno questo lavoro e che come dire, che Dio vi preservi perché fate un lavoro fondamentale per le ragioni che vi ho detto prima -.

Quello che però noi dobbiamo fare, tolto il bando che è un tema decisivo ovviamente, e anche qui siete stati in tantissimi a richiamarlo, lo dico qui da regolatore pubblico, è prendere alcuni Maestri, uno ha parlato poco fa – perché poi una altra cosa bella di “Arriva Godot” è che ci siamo ascoltati e abbiamo scoperto che magari alcuni di noi, nel proprio specifico campo sono dei campioni, uno di questi , per non fare nomi, Cristian Caliandro è uno dei miei maestri, i libri che lui scrive e che ha scritto al pari di quelli di una figura straordinariamente importante, che non c’è più, ci ha lasciati l’anno scorso, Walter Santagata, ci insegnano che non è possibile produrre crescita per il comparto creativo, culturale e ovviamente de relato turistico, senza generare atmosfera creativa. Noi questo dobbiamo fare a Bari, generare atmosfera creativa, uscire dalla logica dei grandi eventi, l’ho detto tante volte nelle prime interviste e anche qui tanti di voi lo hanno detto. Guardate, lo dice chi ha organizzato il Bif&st ben inteso, quindi 10,100,1000 Bif&st perché quello serve, ma deve rimanere sullo sfondo, perché molti di voi aspettano un anno intero per il Bif&st, in tanti in questi anni ce lo avete detto, per cui sono testimone vivente di questo bisogno che c’è, però poi ci vuole anche “Dove eravamo”, ci vuole che la signora Maria che abita difronte al mercato di corso Mazzini, scende con la sedia sua e si siede di fronte al concerto di musica da camera e magari non sa che quello è Debussi o Vivaldi, però lo sente dentro. Ecco questa è l’atmosfera creativa in cui la signora Maria, mi scusino tutte le Marie e l’artista sul palco hanno la possibilità reciprocamente di dialogare attraverso questa forma di intermediazione delle conoscenze e delle sensibilità che si chiama arte.

Chi lo ha fatto questo? Lo ha fatto il Conservatorio di Bari. Non siamo andati a prenderli sulle Alpi, ce li abbiamo qui i talenti, ma non bastano, non bastano. Su questo vorrei rispondere a chi ha detto, anche con orgoglio che “noi bastiamo a noi stessi, ce li abbiamo tutti qui i talenti”. E’ vero, però lo scopo di una amministrazione guardate, diciamo di più, d’una impresa che giustamente deve pensare al proprio bilancio, è quello di connettere la realtà locale con i flussi nazionali ed internazionali se non facciamo questo, se perdiamo ancora questo altro treno siamo fregati, se noi non mettiamo in comunicazione chi fa qui produzione artistica e non lo facciamo risiedere fuori e viceversa, se non portiamo qui artisti a risiedere, noi non cresceremo mai. Non cresceremo mai, non perché non bastiamo a noi stessi nell’epoca di internet, come dire, basta stare a casa per crescere, ma non basta, non è atmosfera creativa. Allora che cosa fa l’assessore, – con questo chiudo la mia infinita premessa e poi vado sul pezzo – che assessore voglio essere io? Che amministrazione vogliamo essere noi?

Noi vogliamo essere costruttori di ponti, vogliamo mettere in connessione, vogliamo vedere ogni giorno i nostri assessorati, almeno nel mio, che voi scambiate i biglietti da visita, che non venite da me a dirmi “quello è così, quell’altro è colà”; questa malattia di Bari e in generale di tutte le province in cui noi stiamo sempre a guardare l’altro, cosa ha fatto, cosa non ha fatto, “quello lì è maledettamente fortunato”, no, la tua fortuna è la mia fortuna, la vostra fortuna, il vostro talento sarà il mio. Se voi sarete bravi, io sarò un bravo assessore, non è il contrario.

Allora vado nel merito, turismo: a Bari nel 2013 giunge solo il 10% degli arrivi regionali e solo il 4% delle presenze. 3,1 sono i milioni di ospiti ogni anno in Puglia, 3,1 milioni atterrano, sbarcano nel porto, arrivano in stazione o escono al casello autostradale, alcuni arrivano anche in bicicletta, molto pochi. 3,1 milioni, il 10% dell’intera domanda italiana, di questi però solo circa 300.000 mila si fermano a Bari, cioè c’è una presenza nei nostri alberghi o in altre strutture. Non ve ne siete mai accorti magari, però vuol dire che l’intera popolazione locale ha almeno un ospite in casa. Di questi 76 mila sono gli ospiti stranieri a Bari e la loro permanenza ci è stato detto è di 1,7 giorni a Bari, a fronte di una media della Puglia di 4,1 , che cosa significa questo? Che dobbiamo crescere. Allora qui è il momento degli impegni, noi dobbiamo dirci che cominciamo adesso il nostro cammino e lo finiamo tra 5 anni ed entro 5 anni dobbiamo arrivare alla media pugliese, dobbiamo crescere da 1,7 a 4,1 giornate medie di permanenza (presenze) a Bari. Come?

Facendo delle scelte, non si può essere tutto e il suo contrario, dobbiamo decidere chi vogliamo essere dal punto di vista dell’attrattivi