La sala Murat di Bari. Privatizzazione o valorizzazione?

Alcuni giorni fa ho mandato in pubblicazione l’avviso di concessione d’uso della sala Murat di Bari.
Si tratta di un parallelepipedo di circa 600 mq, posto all’ingresso del borgo antico di Bari vecchia, interamente ricostruito negli anni ’90, sulla base dei vecchi progetti originari per un mercato dei fiori. Oggi è un luogo privo di qualsivoglia valore storico, sebbene negli ultimi vent’anni, grazie alla sua posizione, sia divenuto importantissimo contenitore di eventi di ogni genere. Affastellando cose buone a cose pessime, non consentendo all’Amministrazione di stabilire alcun discorso culturale, alcun percorso di crescita di un pubblico, alcuna attrattività turistica. E in più gravando sui bilanci comunali per le spese di gestione ordinaria e di manutenzione.

In estrema sintesi l’avviso di concessione d’uso del bene richiede all’aggiudicatario di impegnarsi da un minimo di 3 a un massimo di 12 anni, di versare al Comune un minimo di 5.000 euro annui dal terzo esercizio, di consentire al Comune di realizzare proprie iniziative per 60 giorni anche non consecutivi l’anno, di farsi carico di tutte le spese di gestione ordinaria, di garantire la manutenzione straordinaria, di allestire gestire e sviluppare il primo “Concept store creativo” della Regione Puglia, di realizzare mostre ed eventi d’intesa con il referente del Comune di Bari per le arti visive dott. Massimo Torrigiani.

Il Comune, dunque, risparmierà dei soldi e ci guadagnerà – finalmente – una programmazione di qualità, mostre interessanti che eleveranno il gusto dei cittadini residenti e attrarranno più turisti, cagionando crescita e progresso culturale dell’intera comunità.

L’avviso, per chi volesse approfondire, è consultabile da qui: http://www.comune.bari.it/portal/page/portal/bari/bandiEConcorsi/bandiDiGara?id_upload=1561

All’avviso pubblico siffatto siamo giunti dopo aver molto studiato gli altri sistemi territoriali, altri modelli di avviso pubblico e avendo seguito il dibattito internazionale in materia di valorizzazione dei beni culturali.

Perché la sala Murat è il primo pezzo del “Polo delle arti contemporanee” che stiamo costruendo, grazie ad un finanziamento regionale da 10 milioni e d’intesa con il Mibact, negli altri due monumenti collocati in asse ottico: l’ex Mercato del pesce e il Teatro Margherita.

Questa è la nostra visione. Di una sinistra contemporanea, che sa leggere le contraddizioni del tempo presente, non rivolta a modelli del passato e non più replicabili al tempo della grande scarsità. Perché valorizza un bene pubblico dandogli un ruolo, crea occupazione vera, produce valore per il territorio, tutela il bene, democratizza l’accesso alla fruizione culturale mantenendone bassi i costi.

Eppure qualche esponente della intellighenzia cittadina ha parlato – udite udite – di privatizzazione dei beni culturali della città. Ecco dunque i dieci punti di forza dell’avviso sala Murat che mi piace qui segnalare perché, se dibattito dev’essere, almeno lo si faccia con serietà, preparazione, argomenti solidi e non con quell’insopportabile superficialità della polemica politica che cerco di rifuggire per non rimanere insozzato dalla melma quotidiana.

La scelta di proporre la modalità di concessione d’uso dell’immobile Sala Murat, rispetto ad altre forme di concessione onerosa o appalto/concessione di servizi, è meditata, corrisponde alle pratiche più innovative consentite dalla legislazione vigente e determina i seguenti vantaggi:

1)     Prevalenza delle finalità d’interesse pubblico di promozione dell’arte contemporanea a Bari rispetto alla interpretazione economicista della redditività diretta del bene concesso (canone). E’ prevalente la logica inclusiva di estendere la possibilità alla Comunità cittadina di partecipare alle attività culturali promosse che la pretesa irragionevole di canoni elevati. Canoni a base d’asta di valore superiore inevitabilmente porterebbe il concessionario ad elevare il costo dei biglietti a mostre, eventi ecc.ecc. inoltre Sala Murat è un luogo che, per vincoli fisici e mission di promozione culturale, non si presta a sfruttamenti commerciali di altro tipo: non è possibile, ad esempio, attivare servizi aggiuntivi legati alla somministrazione di cibi e bevande e i ricavi saranno prevalentemente legati allo sbigliettamento delle mostre temporanee. Quindi canoni più elevati a base d’asta sono, a fortiori, irragionevoli.

2)     Accantonamento e risparmio di costi diretti a carico del Comune. Il modello concessorio, inoltre solleva l’amministrazione comunale da una serie di incombenze quali i servizi di manutenzione ordinaria, di pulizia e vigilanza, utenze che non saranno più a carico del Comune ma a carico del concessionario, potendo destinare queste risorse risparmiate a potenziamento di servizi culturali del Comune.

3)     Attivazione di risorse professionali dedicate con maggiori condizioni di flessibilità operativa. Il sistema concessorio garantisce flessibilità operativa e punta sulla qualità delle proposta di gestione del bene, nella cornice di attività coerenti con le finalità di interesse pubblico, rispetto all’ingessatura operativa degli appalti o concessioni di servizi. Va da sé che il contenuto di innovazione dei temi legati all’arte contemporanea non corrisponde a caratteristiche tipiche dei servizi ordinari di competenza comunale normalmente oggetto di concessione di servizi (trasporto pubblico locale, gestione reti, raccolta RSU ecc.ecc.) su cui appare ineludibile e più semplice la verifica dei rientri tariffari e una progettazione a monte proposta dalle stazioni appaltanti. Va da sé che tale condizione di innovatività appare ancora più evidente a Bari dove il tema dell’arte Contemporanea non ha radici e, ancora, consuetudine di pubblico;

4)     Articolazione più chiara degli impegni del Comune di Bari Concedente e del Concessionario. L’istituto concessorio dell’Avviso di sala Murat consente, come chiaramente definito nello schema di concessione, la elencazione puntuale del sistema di impegni a carico delle parti contraenti senza rinvii a clausole di rito a carattere generico, tipico degli appalti o concessioni di servizio, e induce un più puntuale monitoraggio degli andamenti a tutela della finalità pubblica. Invece i meccanismi di monitoraggio e le funzioni di controllo sugli andamenti delle attività, nelle convenzioni relative a concessioni di servizi atipici o negli appalti di servizi non ordinari, sono invece normalmente poco sviluppati e questo ostacola un controllo efficace ed una relazione operativa più fluida tra le parti.

5)     L’istituto concessorio di sala Murat proietta Bari all’avanguardia nei modelli di gestione del valore d’uso del patrimonio pubblico. Può un diverso modello procedurale garantire capacità e spinta innovative nei modelli di attivazione del patrimonio pubblico? Si assolutamente. Modelli analoghi, e ampiamente celebrati, sono già testati in altre realtà del paese (museo delle Culture a Milano ma la prima esperienza significativa è quella dei laboratori urbani della Regione Puglia). L’istituto concessorio garantisce maggiore flessibilità ed attenzione al merito operativo che agli adempimenti formali e questo tutela maggiormente il valore d’uso del patrimonio pubblico, oggi troppo schiacciato sulle politiche di cd. Spending rewiew e su approcci dismissivi dei beni al posto di approcci di valorizzazione. Ancora di più se si parla di patrimonio culturale. Non a caso una recente risoluzione del Parlamento Europeo sul patrimonio pubblico culturale va in questa direzione – “Verso un approccio integrato al patrimonio culturale per l’Europa (2014/2149(INI)” – e cerca di promuovere l’uso del patrimonio pubblico culturale in forme flessibili, orientate alla crescita economica e sociale delle comunità, promuovendo partnership pubblico private.

6)     L’istituto concessorio predisposto per Sala Murat aumenta le garanzie dell’interesse pubblico. Costituendo nel merito, e non attraverso logiche di adempimento formale non operabili nella realtà, come spesso avviene nelle forme dell’appalto, modalità trasparenti e di partecipazione attiva dell’amministrazione comunale attraverso la figura del Referente per la programmazione culturale, l’attivazione di un conto corrente dedicato del concessionari da cui transiteranno tutti i costi ed i ricavi della gestione caratteristica, la valutazione e l’inetgrazione dei programmi di attività;

7)     Aumento delle capacità amministrative. La designazione dei referenti del Comune, uno sotto il profilo amministrativo, e di quello culturale, incrementa l’efficienza e la rapidità di intervento sia sotto il profilo tecnico-gestionale, nei rapporti con il concessionario, sia sotto il profilo dell’integrazione della programmazione culturale per due mesi all’anno nella disponibilità diretta del Comune favorendo la programmazione delle attività in virtù del supporto logistico del concessionario che non genererà altri costi diretti a carico del Comune ma tratterrà solo una quota dello sbigliettamento per i servizi di supporto programmati;

8)     Favorisce la partecipazione dei concorrenti. Il favor partecipationis è in primo luogo una regola di ampliamento della base concorsuale in tutte le procedure pubbliche di selezione. . Il livello del volume d’affari richiesto ai concorrenti è il minimo indispensabile, ampliando così la base dei potenziali destinatari dell’avviso.Questo va a vantaggio della più ampia possibilità di scelta tra differenti proposte di gestione e non determina rigidità basate su valori economici come sbarramento alla partecipazione.

9)     Corretto mix di criteri di valutazione delle proposte di gestione. Allo stesso modo l’istituto concessorio previso per Sala Murat consente di articolare in maniera più funzionale, e coerente con gli obiettivi dell’interesse pubblico perseguito, la valutazione che viene spostata sulla qualità e su alcuni criteri quantitativi orientati a rendere sostenibili le proposte di gestione nel tempo e quindi la sostenibilità delle finalità pubbliche perseguite;

10)  Orizzonte temporale delle attività promosse più coerente con finalità d’interesse generale. Le concessione di servizi normalmente non hanno durata superiore a tre anni in quanto coerenti con la disciplina prevista dal Dlgs. 163/2006 e smi relativa ai contratti ed appalti pubblici. La prevalenza del valore intrinseco della concessione del bene consente di superare la brevità della durata dei rapporti convenzionali tipici per gli appalti e le concessioni di servizi che impedisce de facto la possibilità da parte dei soggetti gestori di alimentare il processo di cura ed investimenti di mezzi propri nell’immobile pubblico concesso.

29 luglio 2015

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