La coda lunga della cultura contemporanea a Bari.

“Com’è stata la mostra?”
“Mmm, molto carina!”

Per stare in pace in società, siamo abituati da sempre a commentare i nostri consumi culturali con aggettivazioni che sfumano dal “meraviglioso” al “carino”. Spesso per quieto vivere non commentiamo nemmeno. Altre volte, invece, ai vernissage, commentiamo dinanzi agli autori o i curatori presenti, di aver trovato la loro mostra: “stupenda”.

Le arti contemporanee, però, assai raramente hanno a che fare con il concetto di bellezza.

Le forme di espressione che scelgono gli artisti immersi nel tempo che viviamo, hanno a che fare piuttosto con la politica, la comunicazione, i dissesti ambientali, i disagi sociali, le guerre, le dittature, il sesso, la violenza. Sono molto in sintonia, più che in passato, con quella materia viva e informe, indefinibile e complicata che chiamiamo “vita”.

Ed è per questo che spesso non capiamo quei linguaggi e, per accostarcene, abbiamo necessità di qualcuno che ci guidi al loro interno, facendocene comprendere i significati e i significanti. Abbiamo bisogno di mediatori culturali di cui, però regredisce sempre più la quantità e la qualità.

Ovviamente le espressioni artistiche, sono anche figlie del luogo e delle Storie in cui sono nate e divenute note.

A questo scopo, servono le mostre: a connettere i luoghi in cui si ospitano, con quelli in cui si sono pensate e realizzate le opere. Per far circolare idee che non abbiamo mai avuto. Per mettere a confronto la propria etica e la propria idea estetica, con quella che ci propone l’artista.

Le mostre, quelle originali e ben curate, servono alle Città per essere visibili e per essere vivibili.

Poi ovviamente ci sono le mostre facili. Utili a incrementare la notorietà di una destinazione turistica. Sono le mostre a pacchetto, spesso monografiche, su singoli autori famosi, spesso vissuti uno o due secoli fa.

Di solito arriva una proposta da una società che fa questo di mestiere.
Metti sul banco sessanta, settanta mila euro e compri il pacchetto tutto compreso: collazione, curatela, trasporto, apparati scientifici, allestimento, comunicazione, bigliettazione, proroga e disallestimento.
E sono quasi sempre opere pittoriche.

Con le mostre commerciali si fanno molti soldi a fronte d’investimenti ragionevoli.
Solo che questo tipo di mostre non ingaggiano i visitatori.

Ne soddisfano il bisogno primario di presenza, che consentirà loro di rispondere: “Mmm, molto carina!” all’amica che chiederà “com’è stata la mostra?”; ma non si destabilizzano le certezze degli spettatori. Non si crea attrito. Né si fanno domande.

E’ come quando andiamo a cinema. Ci sono serate in cui tutto ciò che vogliamo dalla sala è ridere. O alla meglio rilassarci.
Altri giorni, invece, vogliamo un cinema che ci sfidi, visivamente e per i suoi contenuti, a capire, a entrare nel meccanismo narrativo, a perderci in trame complesse per ritrovarci migliori, una volta fuori dal buio amniotico della sala cinematografica.
E’ come vedere un cinepanettone o l’ultimo – bellissimo – film di Tom Ford.

Questo è il compito che abbiamo affidato al nostro Polo contemporaneo delle arti. Non consolare i fruitori con quello che si aspettano di vedere. Non essere mai didascalici e paternalistici. Non trattare i baresi (e i baresi temporanei che definiamo turisti) come dei bambini assetati di bellezza consolandoli, dunque, con le solite mostre preconfezionate che girano come teatrini viaggianti per tutto il mondo.

Questa è la grande capitale del Mezzogiorno, Bari.
Non solo un paese che ha bisogno di attrarre turisti.

Con il Polo del contemporaneo abbiamo voluto sfidare la élite culturale – come la chiama Giuseppe Laterza – a un gioco più alto, più complicato, che non confermi le certezze, ma le decostruisca.

Partiamo con la mostra “Trame” che non potrà far usare mai l’aggettivo “carino” ai suoi visitatori.

Certo, l’allestimento è proprio come dev’essere, funzionale ed elegante, sobrio e fruibile. Ma i contenuti video che vedremo, sono vere sfide da affrontare magari con calma e in più tornate (sono circa 5 ore di flussi video), in una bolla che isoli dalla elettrizzante confusione della Bari natalizia.

Perché noi l’abbiamo pensata così, la cultura nella nostra città.

Da un lato la rutilante città turistica, con i mercatini natalizi, il grande albero musicato, la casa di Babbo Natale, la pista di pattinaggio e il teatro dei burattini, il villaggio di Babbo Natale, i presepi viventi, i cori gospel e le marchin’ band, i concerti nelle strade dello shopping, la festa medievale, il Festival degli artisti di strada, i negozi e le vie principali illuminate a festa, Spaccabari con i presepi d’artista, il design store creativo.
Il lato di tutti e di tanti.

Dall’altro, però, uno spazio che segmenti dal resto del mondo esterno e aiuti a riflettere sul modo in cui il potere usa le immagini per renderci sempre più schiavi, più sudditi.
Potenzialmente per tutti, certamente non per tanti.

E’ la teoria che Chris Anderson, in un famoso articolo apparso nel 2004 su Wired, definì della “coda lunga”. La nicchia è tanto più protetta se inserita nel mainstream.

Questo non vuol dire che non faremo mai mostre “popolari”. Tutt’altro. Anzi. Cominceremo già dal prossimo 26 dicembre presso la Cittadella della cultura con una mostra di enorme successo (stay tuned!) e continueremo con una, ancora più popolare e ancora più visibile, non appena il Castello Svevo verrà restituito alla città.

E poiché noi non vogliamo sudditi, ma cittadini consapevoli e ricchi di esperienze ed emozioni, abbiamo deciso che – entro il prossimo anno – mentre procedono i lavori presso Teatro Margherita ed ex Mercato del pesce che del Polo contemporaneo delle arti saranno la sede cardinale, faremo partire la gara per affidare la concessione d’uso e la gestione all’esterno dei due prestigiosi immobili con il compito di sviluppare le nostre linee di politica culturale a Massimo Torrigiani a partire proprio dal centralissimo Spazio Murat.

Avremo così la nostra istituzione culturale del contemporaneo tanto agognata da tanti intellettuali della città. E, nel cammino, vogliamo disseminare di domande la città, senza fornire noi le risposte. Perché quelle – si sa – sono dentro di noi. E sono quasi sempre sbagliate!

Viva Bari. Viva il Polo contemporaneo delle arti. Viva le domande che rimangono senza risposta. Perché sono le uniche che ci tengono davvero giovani dentro.

 

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