Il peso della cacca.

Tutti facciamo la cacca. In tutto il mondo, tutti i giorni (i più fortunati).
Tutti facciamo o vorremmo fare la doccia calda. In tutto il mondo, (quasi, sic!) tutti i giorni.
Tutti amiamo ascoltare musica riprodotta, vedere un film in santa pace a casa, asciugarci i capelli (chi ancora li ha).

Nessuno vuole i depuratori vicino casa.
Nessuno vuole un tubo che porti il gas dalla Russia a casa.
Nessuno vuole le centrali elettriche vicino casa.
Nessuno vuole che il progresso e lo sviluppo si manifestino in modo troppo esposto.

Siamo circondati da antenne. Ma se ce le nascondono, ci spaventano di meno.
E provare a mediare tra ambiente, lavoro e sviluppo sembra compito per visionari.

E’ la sindrome che hanno denominato “nimby” che sta per “not in my back yard”.
Nessuno vuole contribuire allo sviluppo, se lo stesso si avvicina troppo al proprio cortile.

Ad alimentare questa sindrome pericolosa, da anni, hanno provveduto alcuni partiti e movimenti.
Conducendoci ad esempio a non volere le centrali nucleari in Italia. Mentre a due passi da noi – in Francia – le hanno e ci vendono pure l’energia così prodotta.

Oggi, poi, con il trionfo del populismo, di quella speciale categoria politica che salta ogni mediazione e per accattivarsi il favore del popolo cancella il ruolo degli intellettuali nella società (anche i politici, i Politici rectius, sono intellettuali) e comunica alla gente – direttamente tramite la rete -, siamo inondati da una infinita serie di stronzate non verificate sotto il profilo tecnico.

Alleati del populismo, poi, si sono aggiunti i media, amplificatori di istinti bassissimi, che troppo spesso allignano nella popolazione più esposta alla ignoranza e al vituperio, giacché è assai più facile prendersela con (gli ex) potenti, che con la propria beata stoltezza.

Un esempio perfetto di quanto scrivo è rappresentato da una trasmissione televisiva come “Le Iene”, a torto ritenuta da alcuni “giornalistica”, che invece punta a scandalizzare, affastellando concetti e interviste montate ad arte per confermare la propria tesi populistica, appunto; utile a confermare nel popolo l’idea che i politici sono tutti uguali e che solo “la gente” è buona, brava e bella.

Vittima sacrificale, perché ormai inoffensivo e politicamente indebolito, sembra essere sempre più Nichi Vendola. Uno che in dieci anni ha letteralmente trasformato una Regione, pur tra ombre e tante luci, proiettandola nel tempo moderno grazie ad una politica basata sulla fiducia, l’attivazione sociale, l’equilibrio sociale e una visione avanzata del governo dei territori. Uno che, sino a soli 5 anni fa, in tanti – forse la maggioranza degli italiani – avrebbero voluto Premier. Se solo non ci fosse stato Napolitano sul colle più alto. E che oggi, come un ladro comune, deve difendersi dalle contumelie di un popolo di pecoroni.

Tra le mie letture più istruttive degli ultimi anni c’è “Ricordati di vivere” di Claudio Martelli (Bompiani, 2013) che ricorda, tra le altre cose, come gli italiani che sino al giorno prima lo osannavano, si assieparono dinanzi all’Hotel Raphael di Roma per lanciare sassi e monetine a Bettino Craxi, incontrastato leader socialista della seconda metà degli anni ’80.

Questa è la storia di un popolo reso bue, impecoronito dai media, infoiato dall’odio sociale, mantenuto ignorante sino al midollo.

Quando ho visto questo servizio, immediatamente postato e commentato da tanti linciatori professionali sul web ed in particolare in quel covo separato e vomitante odio di Facebook, per un momento ci ho anche creduto. Come tanti, come tutti.

Poi però ho riflettuto. E mi sono messo in contatto con un ingegnere idraulico acquedottista, esperto di impianti di depurazione, persona stimata, credibile, seria, esperta*. Che mi ha scritto e confermato quel che sospettavo. E che riporto qui sotto.

Mi piacerebbe che tutti si indignassero. Che inondassero la redazione de “Le Iene” di richieste di rettifica e di maggiore approfondimento e di pluralismo delle opinioni. Che per una volta si difendesse il buon senso e la civiltà delle opinioni. Sconfiggendo la sindrome per cui quattro sindaci possano impedire un’opera strategica, in ossequio al proprio consenso personale.

Invece so come andrà. In pochissimi leggeranno tutto questo mio post. Un pugno di loro mi offenderà su Facebook. Una assoluta minoranza approfondirà e capirà che – al tempo dei populismi – a prenderci per il culo sono proprio i media e i populisti.

Auguri a noi.

Nota su impianto di depurazione di Sava e Manduria (Ta).

Le considerazioni relative ai contenuti tecnici del servizio realizzato dalle “IENE” sullo scarico dei reflui degli abitati di Sava e Manduria lasciano sbalordito chiunque abbia un minimo di conoscenza del nostro territorio e dei criteri di trattamento dei reflui che la normativa vigente, innanzi tutto, impone.

Partendo dalle affermazioni relative allo scarico di reflui grezzi direttamente in mare, è bene rammentare che, non solo tale modalità è vietata dalla legge e non è praticata per nessun sistema fognario della regione Puglia, ma anche che i lavori di realizzazione del nuovo impianto di depurazione prevedono il raggiungimento di limiti allo scarico di gran lunga più cautelativi di quelli imposti dalla normativa.

Difatti, rispetto a quanto previsto in occasione dello scarico in mare (la legge fissa i valori limite dei parametri principali del refluo scaricato in virtù del recapito a cui lo stesso è destinato), il nuovo impianto di depurazione dovrà rispettare i limiti fissati per lo smaltimento sul suolo. In aggiunta, si precisa che nel lungo iter di studio e di approvazione del progetto, è stata fissata ulteriore cautela da parte degli organi di controllo che concederanno definitiva autorizzazione allo scarico solo una volta verificato il rispetto dei suddetti valori.

Con riferimento al suggerimento formulato nel corso del medesimo servizio televisivo circa la realizzazione di sistemi di fitodepurazione, si deve definitivamente chiarire che la questi sono esclusivamente un sistema di trattamento e non di smaltimento!!! Ciò significa che, pur immaginando che le piante deputate al trattamento e il contatto con l’atmosfera possano comportare una riduzione dei volumi in gioco, la stessa sia da ritenersi solo un’aliquota trascurabile degli stessi e, pertanto, debba necessariamente essere realizzato un sistema di scarico a valle.

Infine, grande importanza hanno anche le considerazioni relative alla natura del suolo nelle zone di interesse: in assenza di corsi d’acqua, lo scarico sul suolo può essere attuato esclusivamente quando la permeabilità dello stesso risulti idonea. Purtroppo, gli studi effettuati hanno fatto emergere caratteristiche non compatibili con questa modalità.

In sostanza, ancora una volta, le discussioni sono state alimentate senza conoscenza approfondita dei temi e le affermazioni, di grande impatto sul pubblico, sono state fondate su presupposti errati.

* Non farò il suo nome per proteggerlo. Ma ho la sua nota scritta ai miei atti!

 

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