La manovra del governo. Di destra o di sinistra?

Mi sono applicato a studiare l’aggiornamento al Def e l’annunciata manovra del Governo per il prossimo triennio.
Ecco i pro e i contro. E soprattutto una possibile risposta alla domanda: è una manovra di destra o di sinistra?

La nota di aggiornamento al DEF approvata dal Consiglio dei Ministri il 27 settembre scorso innalza nel Documento economico finanziario (DEF), l’asticella dell’indebitamento al 2,4%, liberando così 27 miliardi per la manovra.

Il rapporto deficit/pil sarà previsto al 2,4% nel 2019, 2020 e 2021.

In questa fase, dunque, il Governo ha deciso quanto indebitarsi per liberare risorse nel prossimo triennio ed ha annunciato ufficialmente che la futura manovra conterrà i seguenti punti:

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Migrazioni in Italia e in Europa. Numeri e ragionamenti.

Martedì 2 ottobre 2018, l’Organizzazione non governativa “Medici Senza Frontiere” (MSF) aveva indetto un convegno a Bari, per discutere della criminalizzazione del soccorso in mare e dei temi connessi alla gestione dei flussi migratori in Europa. Eravamo invitati, tra gli altri, io e il candidato a Sindaco di Bari per la Lega di Salvini, l’Avv. Fabio Romito.

Per prepararmi, avevo preso qualche appunto, scaricato e analizzato alcuni dati e messo in fila le leggi che regolamentano la materia.

Poi MSF ha deciso di annullare l’incontro, forse in seguito al brutto clima di repressione che si respira in città e dopo l’aggressione da parte di militanti di Casapound ad alcuni inermi cittadini e manifestanti autorizzati.

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Era mio padre.

Questo è un post molto, molto personale.
Ho provato a buttar giù quello che ho detto ieri a braccio in occasione dei funerali di mio padre.
Sono pensieri che ho condiviso con le centinaia di persone che assiepavano la chiesa.
Mi fa piacere e mi serve, forse, tenerne traccia scritta sul mio blog.

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Il caso Moro: coscienza sporca della Repubblica.

Mi sono laureato il 5 luglio 2000, dopo un appassionante periodo di studi e approfondimento sul cosiddetto “caso Moro”, il rapimento e il successivo omicidio di uno dei più rilevanti statisti europei ad opera delle Brigate Rosse.

La mia tesi, che qui allego, fu sviluppata anche intervistando alcuni dei protagonisti della stagione politica che dette vita alle BR, figli della “Rivoluzione tradita”, cioè della scelta del Partito Comunista Italiano, guidato da Palmiro Togliatti, di rinunciare alla rivoluzione per varare, nel 1944 con la “svolta di Salerno”, il Partito Nuovo, inserito nella dinamica democratica e partecipe della ricostruzione post bellica.

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Sei date e una traccia di impegno collettivo.

A Bari è successo che il miglior candidato e il più votato tra tutti in Italia, nelle liste di “Liberi e Uguali”, una lista elettorale debolissima, nata dalla somma di quattro fallimenti (Articolo 1, Mdp, Possibile e Si), non sia stato eletto a causa di una legge elettorale perversa e cattiva, che nega rappresentatività.

Si tratta di Michele Laforgia, avvocato penalista, famoso per aver seguito processi e cause importantissime, animatore dell’Associazione “Città plurale” che ha rappresentato un importante luogo di stimolo e confronto per il centrosinistra pugliese degli anni ’10, persona retta e stimatissima in città e ovunque in Italia. Quasi 9.000 voti nel collegio uninominale sono un patrimonio che fanno subito pensare a utilizzi personalistici e a ricadute amministrative.

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Il Sud e la Politica.

Quando Gianfranco Viesti mi ha suggerito di leggere questo denso e documentato articolo di Marco Esposito, apparso su “Il Mulino”, non immaginavo avrei provato un’indignazione profonda.
Da oltre vent’anni, la questione meridionale è stata derubricata dal dibattito pubblico, surclassata da quella settentrionale.
Il Nord dell’Italia, sentendosi vessato da troppe tasse e troppe regole, si è dotato di una classe politica e dirigente capace di negoziare con Roma quote crescenti di reddito e di trasferimenti pubblici.

Il Sud, invece, non solo non è mai riuscito a esprimere un proprio grande leader azionale, ma ha scelto di gridare alla luna, mentre gli affari veri si fanno nelle commissioni paritetiche Stato-Regioni, in quelle parlamentari, nei tavoli ministeriali e a Bruxelles, come nelle altre sedi di negoziato internazionale.

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Ho ricevuto due sole istruzioni.

La bella e interessante rivista Amazing Puglia, al suo primo numero che trovate in edicola, ha deciso – bontà sua – di intervistarmi per fare un punto sui dieci anni di politiche per la creatività e il turismo, insieme a Giancarlo Piccirillo, in quanto ex direttori delle due principali agenzie regionali dell’audiovisivo e del turismo.

Ne è sortito un ragionamento articolato che mi aiuta a fare il bilancio anche dei primi tre anni e mezzo come assessore comunale alle culture e al turismo a Bari, la mia città.

Spero possiate condividere e magari anche ragionarci su.

Buona lettura.

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Sei stato uno dei protagonisti dei 10 anni di Vendola, come li giudichi? 

Sono stati anni magici, forse irripetibili, perché hanno rappresentato la massima coincidenza di due grandi linee tematiche della politica: la tradizione e la innovazione. Un uomo colto e sensibile, come Nichi, figlio della migliore storia comunista e libertaria meridionale, ha chiamato al governo alcuni dei suoi più capaci compagni di vita politica e, insieme a loro, ha gettato nella mischia quelli che reputava essere i migliori giovani della “Generazione X”, nati cioè tra i ’60 e gli ’80. Ne è sortita una classe dirigente straordinaria, coesa, solidale al suo interno, non animata da ambizioni sfrenate o guerre fratricide, ma dall’unico sogno utile: cambiare la propria terra, renderla migliore, innovare le forme della politica e amministrare con fantasia e probità. 

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Ed io che pensavo non servisse.

Pensavo non fosse necessario ricorrere allo spazio della riflessione su blog, per spiegare a chi vorrà leggermi, per quale motivo io e i miei colleghi della Giunta Decaro, Sindaco incluso, abbiam deciso di contribuire con la modesta e simbolica cifra di 50 euro ciascuno, alla realizzazione del Pride 2017 a Bari.

Invece le reazioni a un mio post sulla pagina ufficiale di Facebook, mi han fatto cambiare idea. Già, perché alcune sono state univoche: per dei miei concittadini avremmo fatto meglio a donare quei soldi alle “persone normali” oppure ai “poveri”.

Due argomenti formidabili, che se non fossero semplicemente omofobi, sarebbero davvero divertenti. Intanto perché Bari spende milioni di euro per il sostegno al reddito e l’erogazione di servizi per i suoi concittadini più poveri. E una piccola goccia in quell’oceano di risorse non sarebbe stata simbolica, ma oltremodo ridicola. E’ piuttosto il tema sempiterno della “normalità” che mi ha colpito assai.

Ora, io faccio l’Assessore alle culture nella mia città. Dunque i temi dei diritti di cittadinanza mi riguardano da vicino perché la loro diffusione pertiene al lento lavoro culturale e per questo ne desidero parlare. Perché noi diamo sempre troppo per scontate le conquiste di secoli di battaglie. E spesso siamo fermi all’illuminismo francese: libertà, uguaglianza, fraternità. Riteniamo acquisiti certi princìpi e poi ci risvegliamo, magari subito dopo un’elezione, slittati verso baratri d’ignoranza, immersi nel più bieco razzismo.

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Due o tre cose che so di Bari e della giustizia sociale possibile.

Le città sono nate per garantire un più facile accesso alle fonti di approvvigionamento, ai servizi e per consentire la socializzazione che, nella loro dislocazione orizzontale, le campagne non potevano garantire.

Tutta quella umana è stata una storia di civilizzazione e inurbamento. D’altronde oggi il 55% della popolazione mondiale, vive nelle città e si stima che la percentuale salirà al 66% nel 2050. Non a caso tutte le politiche di programmazione si stanno ponendo il problema semmai contrario, quello cioè dello spopolamento delle aree interne e della contrazione del lavoro nelle campagne, che porterà tanti piccoli centri rurali a scomparire se, nel frattempo, politiche specifiche non ne consentiranno un nuovo sviluppo.

Perché parto da qui?

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Una vera guerra a bassa intensità.

Ad opera di Vincent Bollorè, si sta giocando su Mediaset una guerra a bassa intensità, che potrebbe preludere – dopo l’approvazione in Parlamento della nuova legge cinema – ad una profonda trasformazione del sistema mediale italiano.

Se da un lato il Paese sembra tornare indietro di vent’anni, con la richiesta pressante di molti gruppi parlamentari di una legge elettorale proporzionale, che avrebbe come evidente sbocco – nell’Italia ormai tripolare – una conventio ad escludendum del Movimento 5Stelle e dunque governi coalizionali; dall’altro sembra brillare la stella delle scalate ai gruppi multimediali italiani.

Lo scopo è evidente: dotarsi di infrastrutture e reti per diffondere contenuti globali in un mercato ampio, quale il nostro.

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