Tempus regit actum.

Tempo addietro mi occupai di una questione politica e ambientale caldissima, in relazione al depuratore di Manduria e Sava, due paesi del tarantino che ne sono sprovvisti e dove la politica locale, in saldatura con alcuni esponenti regionali, trovò terreno fertile per coltivare la famigerata pianta del populismo.

La stampa locale mi attaccò con il pungente argomento secondo il quale dovevo farmi bellamente i fattacci miei. Questo era il mio post. Cercandole on line, potete trovare le intemerate a contrasto.

E’ passato del tempo e il Comune di Manduria ha intentato una opposizione presso il TAR Puglia che, dopo l’istruttoria, ha inteso emettere questa bella sentenza con la quale si rigetta il ricorso.

Nel frattempo però, i cittadini di Manduria e Sava non stanno meglio di prima. Perché ai populisti, in verità, non frega una beneamata cicca dei cittadini e delle cittadine.

Nel frattempo passa il tempo e le soluzioni rimangono chiuse nei cassetti. E noi tutti paghiamo le conseguenze nefaste di ogni populismo.

Per documentarsi, ecco la sentenza:

 

N. 00644/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01340/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1340 del 2011, proposto da:
Comune di Manduria, rappresentato e difeso dall’avv. Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso l’avv. Maurizio Di Cagno in Bari, Via Nicolai, 43;

contro

Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Tiziana Teresa Colelli, con domicilio eletto in Bari, al Lungomare N. Sauro, 31;
Acquedotto Pugliese s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Amato e Cecilia Greco, con domicilio eletto in Bari presso la Segreteria del T.A.R. Bari, P.za Massari;
Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in Puglia, Autorità di Bacino per la Puglia, rappresentati e difesi dall’avv. Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, con domicilio eletto in Bari presso la Segreteria T.A.R. Bari, P.za Massari;
Comune di Sava, rappresentato e difeso dall’avv. Gianluca D’Oria, con domicilio eletto in Bari presso la Segreteria del T.A.R. Bari, P.za Massari;
Provincia di Taranto, Comune di Avetrana, Comune di Maruggio;

nei confronti di

Associazione Tutti Insieme per Manduria;

per l’annullamento

- della determinazione del Dirigente dell’Ufficio Programmazione V.I.A. e Politiche Energetiche n. 22 dell’8 febbraio 2011 (pubblicata sul BURP 24 marzo 2011 n. 43) con la quale è stato espresso parere favorevole alla compatibilità ambientale per il progetto, proposto dall’Acquedotto Pugliese s.p.a., concernente “l’impianto di depurazione e collettori di adduzione e scarico a servizio degli abitanti di Sava, Manduria e delle Marine di Manduria”;

- nonché di ogni altro atto presupposto connesso e/o conseguenziale.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, di Acquedotto Pugliese s.p.a., del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in Puglia, dell’Autorità di Bacino per la Puglia e del Comune di Sava;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa Maria Grazia D’Alterio;

Uditi nell’udienza pubblica del giorno 9 marzo 2016 per le parti i difensori avv.ti Giovanni Pellegrino, per delega dell’avv. Gianluigi Pellegrino, Tiziana Teresa Colelli, Vittorio Triggiani, per delega dell’avv. Alessandro Amato, Walter Campanile, Maurizio Di Cagno, per delega dell’avv. Gianluca D’Oria;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con ricorso depositato in data 12 luglio 2011, il Comune di Manduria ha impugnato dinanzi al Tribunale Amministrativo per la Puglia, Sede di Bari, gli atti e i provvedimenti meglio indicati in epigrafe, concernenti la valutazione di impatto ambientale per la realizzazione di un impianto di depurazione con scarico di reflui in mare mediante realizzazione di una condotta sottomarina, a servizio degli abitanti di Sava, Manduria e delle Marine di Manduria.

2. Ha esposto in premessa che i menzionati atti rappresentano l’epilogo della riedizione del procedimento di VIA imposta dalla sentenza del T.A.R. Lecce n. 873/2010, con cui, in accoglimento del ricorso proposto dallo stesso Comune, sono stati annullati la prima determinazione di VIA favorevole del Dirigente del Servizio Ecologia della Regione Puglia (n. 292 del 26 maggio 2009) ed il presupposto parere del Comitato Regionale VIA (del 24 aprile 2009), concernenti il medesimo impianto. Con l’impugnativa in esame si rimarca che il nuovo provvedimento conclusivo del procedimento conferenziale sarebbe affetto dai medesimi vizi procedimentali già riscontrati dalla menzionata sentenza, perdurando un patente difetto di istruttoria, non risultando affatto valutate le alternative progettuali formulate dalle amministrazioni interessate.

2.1 Nel merito dei motivi di ricorso, parte ricorrente rileva che la decisione impugnata è affetta da incompetenza, atteso che, dovendo il Comune di Manduria e gli altri enti locali dissenzienti considerarsi Amministrazioni deputate alla tutela di interessi sensibili (ambientale e paesaggistico-territoriale) ed avendo le stesse espresso il proprio dissenso qualificato ai sensi dell’art. 14 quater,comma 3, legge n. 241/1990 in seno alla Conferenza di Servizi, la decisione avrebbe dovuto essere rimessa alla deliberazione del Consiglio dei Ministri.

2.2 Con un secondo motivo si stigmatizza il provvedimento negativo di valutazione ambientale adottato all’esito dell’istruttoria, in quanto lo stesso sarebbe stato illegittimamente assunto sulla base di pareri di cui la Regione non avrebbe dovuto tener conto ai fini delle conclusive determinazioni, essendo stati resi successivamente e al di fuori della conferenza medesima (in particolare il parere del 31 gennaio 2011 del Comitato Regionale VIA e il parere del 31 gennaio 2011 dell’Ufficio Parchi e Biodiversità della Regione Puglia).

2.3 Sotto il profilo sostanziale delle scelte effettuate, parte ricorrente pone in risalto il contrasto del progetto de quo con il divieto imposto dall’art. 56, comma 1, lett. f) legge regionale n. 56/1980, che prevede un vincolo assoluto di inedificabilità entro la fascia di trecento metri dal confine del demanio marittimo. All’uopo precisa che, pur essendo entrato in vigore il PUTT regionale approvato con DGR n. 1748/2000, l’opera in esame doveva comunque considerarsi vietata prevedendo la stessa una perforazione del fondale marino; che in ogni caso l’amministrazione deputata ad esprimere il parere paesaggistico non era stata invitata alla conferenza di servizi; che l’opera di cui alla determina gravata andrebbe ad incidere su un S.I.C. (sito di importanza comunitaria); che il progetto inoltre è incompatibile dal punto di vista ambientale e quindi si pone in contrasto con le direttiva 92/43 CEE.

2.4 Con un’ulteriore articolata serie di censure il Comune di Manduria dubita che siano state adeguatamente valutate le alternative da esso proposte, consistenti nel riutilizzo irriguo delle acque derivanti dall’impianto di depurazione, pur essendo la citata modalità di utilizzo delle acque incentivata sia dalla legislazione nazionale che comunitaria e riconosciuta dalla stessa Regione come la soluzione migliore.

Da ultimo il Comune ricorrente impugna il piano di tutela delle acque (P.T.A.) nella parte in cui ha individuato tale sito per la realizzazione dell’impianto.

3. Si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso la Regione Puglia, il Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale in Puglia, l’Autorità di Bacino per la Puglia, l’Acquedotto Pugliese s.p.a. e il Comune di Sava, chiedendone il rigetto per infondatezza sia in fatto che in diritto e rimarcando che l’omessa realizzazione dell’impianto di depurazione proposto costituisce inadempimento ad obblighi comunitari che espongono lo Stato italiano a procedura di infrazione comunitaria (n. 2004/2034) per violazione dell’art. 3 Direttiva 91/271/CE, essendo il territorio di Manduria dotato di impianto depurativo obsoleto, con recapito finale nel sottosuolo.

Il Comune di Sava ha anche preliminarmente precisato la propria posizione di controinteressato all’accoglimento del ricorso, avendo espresso all’esito del procedimento conferenziale, ovvero nella seduta dell’8 novembre 2010, parere definitivo in senso favorevole alla realizzazione dell’impianto.

4. Le parti hanno svolto difese in vista dell’udienza pubblica del 9 marzo 2016, all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Nel presente giudizio è controversa la legittimità della determinazione n. 22 dell’8 febbraio 2011, con cui la Regione Puglia ha concluso in senso favorevole il procedimento di Valutazione di Impatto ambientale sul progetto proposto da Acquedotto Pugliese s.p.a., concernente l’impianto di depurazione e collettori di adduzione e scarico a servizio degli abitati di Sava, Manduria e delle Marine di Manduria.

2. In limine, in punto di interesse al ricorso, va precisato che risulta allo stato pendente il procedimento di proroga della VIA oggetto di odierna impugnativa, essendo scaduto il relativo termine di efficacia previsto dalla legge, sicché permane l’interesse del Comune ricorrente alla decisione del presente gravame, in ragione degli effetti che sul predetto procedimento conseguirebbero nell’ipotesi di suo accoglimento.

3. Fatta tale necessaria premessa, è possibile procedere al preliminare scrutinio del rilievo di inammissibilità del ricorso, già positivamente apprezzato da questo TAR in sede cautelare con ordinanza n. 688 del 28 luglio 2011, sul punto confermata dal Consiglio di Stato con successiva ordinanza n. 05367/2011.

Ebbene, anche ad un più approfondito esame della questione il Collegio non può non rilevare come effettivamente con l’approvazione del Piano di tutela delle acque con delibera n. 230 del 20 ottobre 2009, intervenuta nel corso del giudizio di primo grado concluso con la menzionata sentenza n. 873 del 2010, la Regione abbia proceduto alla individuazione puntuale della localizzazione e della specifica tipologia dell’impianto da realizzare (cfr. pag. 22 All. 12 PTA; pag. 18 e 55 All. 4 PTA, in atti), sicché le relative previsioni di piano, che parte ricorrente contesta in questa sede, essendo connotate in radice da immediato carattere lesivo, imponevano un onere di tempestiva impugnativa. La prefata delibera, infatti, costituisce atto presupposto adottato a monte dall’Amministrazione rispetto al quale i successivi atti di approvazione del progetto presentato da AQP, sotto i menzionati profili oggetto di doglianza, rappresentano meri atti attuativi. Tuttavia, solo in questa sede il Comune di Manduria contesta l’illegittimità della scelta localizzativa e topologica dell’impianto (unico impianto per l’intero bacino servito – abitati di Manduria, Sava e Marine di Manduria – con scarico in mare mediante condotta sotterranea) effettuata a monte dalla Regione Puglia, di modo che questa risulta oramai essersi consolidata in assenza di tempestivo gravame.

Ne consegue la declaratoria di inammissibilità dell’impugnativa proposta avverso la Determina di VIA favorevole.

Per completezza occorre precisare che non coglie nel segno la replica svolta dalla difesa ricorrente secondo cui la pronuncia del Tar Lecce più volte menzionata avrebbe statuito sul rapporto tra l’atto impugnato in quel giudizio (determinazione n. 292/2009 del 26 maggio 2009) e le modifiche del PTA adottate nell’ottobre 2009, posto che le predette modifiche risultano sopravvenute tanto alla determina gravata che alla proposizione del ricorso, senza che peraltro l’oggetto dell’impugnativa fosse esteso alla prefata delibera dell’ottobre 2009 con motivi aggiunti. Risulta pertanto evidente che la menzionata modifica del P.T.A. costituisce a ben vedere una sopravvenienza rispetto al quadro programmatico su cui si è fondato il rilascio della prima determina di VIA che non ha costituito oggetto del dibattito processuale su cui si è formato il giudicato e che non poteva essere ignorata in sede di riedizione del procedimento.

4. Ad abundantiam va anche rilevato che il ricorso è comunque infondato nel merito.

4.1 Principiando con lo scrutinio dei vizi a carattere procedimentale evidenziati con i primi due motivi di ricorso va rilevato, sotto un primo profilo, che non sussiste affatto l’incompetenza della Regione Puglia a concludere la conferenza di servizi, prodromica rispetto alla determinazione impugnata, per esservi tenuto, in tesi, il Consiglio dei Ministri, a norma dell’art. 14 quater, comma 3, legge 241/90. Secondo l’assunto di parte ricorrente, infatti, in sede conferenziale sarebbero prevalse le posizioni negative espresse dagli enti locali intervenuti (Comune di Manduria, Comune di Sava, Comune di Maruggio, Comune di Avetrana e Provincia di Taranto), da considerarsi alla stregua di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, pertanto, in grado di ostacolare la favorevole conclusione del procedimento di V.I.A..

Infatti, la norma richiamata dispone che “ove venga espresso motivato dissenso da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell’articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall’amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che ha natura di atto di alta amministrazione”.

Il motivo non ha pregio, atteso che nella specie hanno espresso parere negativo enti locali, competenti a rendersi portavoce dei più vari interessi, purché complessivamente afferenti alla comunità di riferimento, e non amministrazioni pubbliche precipuamente intestatarie della funzione di cura di interessi pubblici sensibili, come l’ambiente, il paesaggio, la salute, ecc. (cfr. Tar Liguria, n. 1079/2008).

4.2 Nemmeno risultano condivisibili le doglianze spiegate con il secondo motivo di ricorso in esame, secondo cui la Determinazione finale avrebbe illegittimamente tenuto conto di pareri positivi resi al di fuori della sede dell’istruttoria conferenziale e, pertanto, tamquat non esset a mente dell’art. 13 quater L. 241/90.

Parte ricorrente infatti omette di considerare che una specifica disciplina sulle modalità di manifestazione delle posizioni definitive provenienti dalle amministrazioni coinvolte nel procedimento conferenziale è contenuta all’art. 14 quater della L. 241/1990, che prevede solo per l’ipotesi di dissenso, a pena di inammissibilità, la necessità della sua esternazione nella predetta sede in maniera espressa e motivata, con indicazione delle possibili modifiche progettuali, onde consentire una valutazione dialettica sulla possibilità di un suo superamento in concreto; al contrario l’assenso può essere manifestato anche in forma tacita (cfr. art. 14 ter, comma 7).

L’omissione delle modalità formali e sostanziali previste dalla norma menzionata, comporta l’inidoneità dei soli dissensi (non anche degli atti di assenso) non ritualmente espressi a fondare una determinazione conclusiva negativa assunta in loro conformità, e ciò perché, secondo il meccanismo di semplificazione ed accelerazione proprio della Conferenza dei servizi, le espressioni di disaccordo devono poter precludere la positiva conclusione dei lavori conferenziali solo se portati all’esame della dialettica procedimentale, con l’esternazione delle motivazioni che ne costituiscono il fondamento e l’indicazione delle possibili alternative potenzialmente suscettibili di consentirne il superamento.

Nel caso di specie, al contrario, i pareri a carattere istruttorio del Comitato VIA (organo tecnico-consultivo della Regione) e dell’Ufficio Parchi vanno esenti dalle critiche espresse in ricorso.

Da un lato, infatti, non può disconoscersi il loro contenuto positivo basato su un supporto motivazionale specificamente volto a controdedurre ai precisi rilievi ostativi degli enti locali contrari alla realizzazione del progetto, sicché a ben vedere essi rappresentano il naturale sviluppo della dialettica procedimentale già approfondita in Conferenza dei servizi, su aspetti critici noti alle parti coinvolte, in funzione di rafforzamento delle posizioni favorevoli comunque emerse in tale sede, senza che siano affiorate intangibili esigenze di riconvocazione di altra riunione e risultando invece assolto l’onere di ulteriori adeguati approfondimenti istruttori prima dell’assunzione della determinazione finale.

Sotto un ulteriore dirimente aspetto, non può nemmeno sottacersi che in mancanza dell’indicazione in ricorso dei profili sostanziali della scelta tecnico-discrezionale che risulterebbero direttamente intaccati dalla mancata remissione della questione all’esame ulteriore della Conferenza, il vizio lamentato finisce per dequotare a vizio di carattere meramente procedimentale ai sensi dell’art. 21octies, comma 2, L. 241/90, inidoneo ad intaccare la correttezza sostanziale della valutazione conclusivamente svolta dalla Regione.

Sul punto non può sottacersi che sulla base della ricostruzione in fatto e delle motivazioni addotte alla base del provvedimento è emerso che il procedimento si è svolto nel rispetto sostanziale del principio del contraddittorio, come è evincibile dalla costante attività di informazione degli ulteriori sviluppi istruttori (in particolare precisazioni a carattere tecnico fornite da AQP con l’analisi costi-benefici e l’accurato studio sul clima meteo-marino) svolta in favore degli enti interessati e connessa possibilità (per quanto non esercitata) di controdedurre ai sensi dell’art. 10, comma 1, let. b), L. 241/90.

Di qui la piena validità della scelta finale compiuta dalla Regione, corroborata in termini positivi da tali ulteriori contributi, che, all’esito della comparazione tra le opposte posizioni, dà conclusivamente atto della prevalenza degli interessi connessi alla realizzazione dell’impianto rispetto alle criticità denunciate dal Comune ricorrente, non diversamente superabili al momento della decisione gravata, attesa l’assenza di alternative praticabili, per mancanza delle infrastrutture indispensabili per l’uso irriguo delle acque reflue, in uno alla necessità di attenuare le conseguenze negative di una procedura di infrazione comunitaria in corso.

4.3 Passando alle doglianze di cui al terzo motivo va rilevato in primis che il divieto di edificazione di cui all’art. 51, comma 1, lett. f) legge regionale n. 56/1980 non rappresenta un divieto assoluto e definitivo, trattandosi di una misura di salvaguardia operante nelle more dell’adozione e definitiva approvazione dei piani territoriali (PUTT/P approvato nel caso di specie con D.G.R. della Puglia n. 1748/2000); né l’intervento potrebbe dirsi precluso dall’art. 3.07.4 del PUTT/P richiamato a pag. 11 del ricorso introduttivo, atteso che nella aree soggette a tutela è prevista la sola posa della condotta, ovvero infrastruttura a rete completamente interrata e non la realizzazione di opere edilizie fuori terra (cfr. anche art. 5.02 paragrafo 1.06 del PUTT/P).

4.3.1 Parte ricorrente si duole, inoltre, del mancato invito alla Conferenza dei servizi dell’autorità competente per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, al fine di verificare la compatibilità dell’intervento rispetto alle prescrizioni di tutela del PUTT/P afferenti alle aree interessate.

Anche tale censura è infondata.

Sul punto giova precisare in termini generali che ogni necessaria valutazione sulla compatibilità di un intervento con i vincoli paesaggistici ben può essere acquisita al di fuori della procedura di VIA, prima della autorizzazione definitiva dell’intervento, dovendosi ribadire, in conformità alla giurisprudenza, anche di questa Sezione, l’autonomia dei due procedimenti, che possono ma non devono essere necessariamente integrati in un unico procedimento (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, n. 1454 del 10 marzo 2016; Tar Bari, sez. I, nn. 1203 e 1204 del 6 agosto 2015).

Infatti, proprio in ragione del carattere di specialità della disciplina posta dall’art. 146 D.lgs. n. 42/2004, deve ritenersi che alcuna deroga sia stata implicitamente ed automaticamente apportata dalla normativa in tema di V.I.A. al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, sicché non necessariamente il primo procedimento include in sé il secondo, occorrendo all’uopo la previsione di appositi meccanismi di coordinamento.

Va infatti ricordato che per l’ampia formulazione dell’art. 26, comma 4, Codice dell’Ambiente, la valutazione di impatto ambientale risulta, in potenza, idonea ad includere in sé la valutazione di tutti i possibili effetti dell’intervento sull’ambiente, nell’accezione ampia oramai consolidata comprensiva anche della componente paesaggistica, sicché è ben possibile (oltre che auspicabile) che si realizzino forme di “coordinamento” tra le diverse procedure autorizzatorie, nell’ottica di unificazione di procedimenti caratterizzati da un’intrinseca connessione funzionale (sulla possibilità che tale coordinamento sia realizzato nell’ambito del procedimento di V.I.A. a livello di legislazione regionale cfr. Corte Cost. 22 maggio 2013, n. 93).

Tuttavia per la Regione Puglia l’attuazione di un’effettiva forma di coordinamento tra i procedimenti de quibus può dirsi concretizzata solo successivamente alla determina impugnata con l’odierno ricorso ovvero solo a partire dagli indirizzi dettati dalla D.G.R. n. 2122 del 23 ottobre 2012 e da ultimo con L. R. Puglia 12 febbraio 2014, n. 4, il cui art. 6 ha modificato l’art. 14 della L.R. Puglia 12 aprile 2001, n. 11, precisando anche le concrete e specifiche modalità con cui deve avvenire il coordinamento fra il procedimento di V.I.A. e quello di compatibilità paesaggistica.

4.3.2 Quanto alle critiche mosse avverso le valutazioni tecnico-discrezionali svolte dalla Regione in ordine alla compatibilità ambientale del progetto, sottolineando, in tesi, la violazione degli obiettivi di tutela del SIC interessato dal’intervento, merita a tal proposito mettere in evidenza che i risultati valutativi cui è approdata l’Amministrazione rappresentano il frutto di valutazioni complesse di tipo strettamente tecnico, compiute con l’ausilio delle competenze specialistiche richieste in relazione alla delicatezza e vulnerabilità dei valori ambientali coinvolti, le quali, non essendo viziate da manifesta irragionevolezza, non possono essere in alcun modo congruamente sindacate nella presente sede, dovendosi anzi evidenziare, sotto tale angolo visuale, evidenti profili di inammissibilità.

Come opportunamente evidenziato dalle avverse difese, particolari cautele sono state coerentemente previste sia con il bando di gara per l’affidamento delle opere, in relazione agli aspetti di tutela ambientale valorizzati con la VIA, dovendo l’impresa che realizzerà l’impianto di depurazione rispettare i limiti previsti per lo scarico in aree sensibili e prevedendosi comunque il ripristino dello stato dei luoghi. Inoltre sul progetto de quo, ricadente solo marginalmente all’interno della perimetrazione del sito di interesse comunitario (SIC), da un lato l’Ufficio Parchi ha comunque espresso parere favorevole con prescrizioni, evidenziando l’assenza di impatti significativi nel breve periodo a carico dell’habitat prioritario; dall’altro il provvedimento di VIA ha previsto, onde prevenire qualunque effetto pregiudizievole sull’ecosistema marino che potrebbe verificarsi nel lungo periodo, un accurato monitoraggio marino sulla eventuale variazione dello stato della prateria di Posidonia, onde assicurare i necessari tempestivi interventi.

4.4 Quanto infine all’ulteriore motivo con cui il Comune di Manduria si duole della mancata considerazione di possibili alternative e dunque della elusione del giudicato formatosi sulla sentenza del T.a.r. Puglia n. 873 del 26 marzo 2010, va chiarito che in realtà il primo giudice si è limitato a disporre il rinnovo del procedimento, ad esito libero, con onere dell’amministrazione regionale di far partecipare la provincia di Taranto e di valutare, tra le alternative praticabili, la soluzione tecnica relativa ad un eventuale uso irriguo delle acque depurate. Tuttavia, come già più volte ribadito, il provvedimento gravato dà conto della circostanza che la soluzione tecnica propugnata dalla parte ricorrente non è allo stato praticabile, mancando le infrastrutture indispensabili per l’uso irriguo delle acque reflue. Ciò tuttavia non significa che il progetto proposto da AQP escluda la possibilità in futuro del riuso dei reflui per scopi irrigui. Infatti, alla luce della possibilità emersa di adeguare nel tempo l’impianto proposto alle esigenze manifestate dagli enti coinvolti la realizzazione del depuratore rappresenta piuttosto un punto di partenza (cfr. pag. 12 provvedimento impugnato).

In tale ottica, la prescrizione resa nella medesima sede di onerare la società Acquedotto di redigere uno studio di fattibilità sull’uso irriguo delle acque non appare contraddittoria con la assodata carenza, al momento dell’adozione dell’atto gravato, delle infrastrutture all’uopo necessarie, vista anche la possibilità di adeguamento in futuro di un impianto, dalla cui realizzazione unitamente all’annesso scarico in mare, comunque, è risultato non potersi prescindere, essendo in ogni caso necessario per il periodo di non utilizzazione irrigua e per le emergenze (cfr. parere ATO riportato a pag. 8 provvedimento impugnato). La prefata prescrizione, peraltro, risulta anche coerente con quella ulteriormente imposta ad AQP di assicurare un continuo monitoraggio marino, onde consentire in corso di esercizio tempestivi interventi sull’impianto ed impedire nel lungo periodo eventuali conseguenze negative sulle praterie di Posidonia oceanica (tra cui potrebbe inserirsi, come innanzi già segnalato, proprio l’utilizzo di almeno parte dei reflui in funzione irrigua, ove portati ad un maggiore livello di affinamento ed una volta create le infrastrutture all’uopo necessarie).

Inoltre, anche la soluzione di procedere alla realizzazione anziché di un unico impianto, di più impianti depurativi di dimensioni contenute sparsi sul territorio risulta essere stata esaminata ma scartata in ragione dei maggiori costi sia in termini di investimento che di gestione, oltre che per l’evidenziato contrasto con il Piano di tutela delle acque.

4.5 Conclusivamente va ribadito, al contrario di quanto sostenuto dall’Ente ricorrente, che il rinnovato procedimento risulta emendato dai vizi riscontrati dal T.A.R. Lecce nella sentenza n. 873/2010, essendo state adeguatamente considerate sia le opinioni espresse da tutte le amministrazioni coinvolte che le possibili alternative allo stato praticabili, peraltro rispetto ad un progetto di realizzazione di impianto di depurazione con condotta interrata sottomarina sul quale lo stesso Comune di Manduria con verbale del 12 dicembre 2005 aveva espresso in origine il proprio parere favorevole, provvedendo a dare specifiche indicazioni anche al fine di individuare il punto preciso dello scarico in mare (cfr. memoria di AQP pagg. 26-40).

5. Va infine precisato che non può che esulare dal thema decidendum dell’odierno ricorso la questione, adombrata in ricorso dal Comune di Manduria, circa la asserita incompatibilità dell’intervento oggetto di positiva verifica di compatibilità ambientale con il nuovo Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia, approvato solo in data 16 febbraio 2015 (DGR n. 176/2015 pubblicata sul BURP n. 39 del 23 marzo 2015), ovvero successivamente all’adozione della VIA in questione. E’ chiaro infatti che, in forza del noto principio tempus regit actum, lo scrutinio sulla legittimità dei provvedimenti gravati va condotto sulla base delle disciplina ratione temporis applicabile alla fattispecie.

6. Per le ragioni innanzi esposte, il ricorso va dichiarato inammissibile.

7. In ragione della peculiarità e complessità delle questioni, si giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Francesco Cocomile, Primo Referendario

Maria Grazia D’Alterio, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/05/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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