Quanto è vicina la Cina?

Nel 1986, una giunta comunale lungimirante, guidata dal socialista Franco De Lucia, decise di gemellare Bari con la città di Guangzhou (Canton), sede della più importante fiera campionaria cinese. Nel corso degli anni il gemellaggio è andato spegnendosi e solo nel 2017, in occasione del trentennale, grazie alla visita delle autorità cinesi da noi accolte a Bari, il rapporto si è riacceso.

Nel frattempo però alcune cose sono cambiate da allora: grazie alle riforme di Deng Xiapoing, la Cina è divenuta un enorme paese, con una popolazione di oltre 1,4 miliardi di persone, metà della quale inurbata e con una età media di 37,3 anni a fronte dei 45 anni medi dell’Italia.

E Guangzhou si è trasformata in una città speciale: posta all’imbocco del delta del fiume delle perle, nel sud est della Cina, domina una provincia – il Guandong – che la vede essere insieme alle vicine Macao, Shenzhen e Hong Kong la “fabbrica del mondo”, dove si producono ed esportano le merci che inondano i mercati di tutto il pianeta.

Canton oggi è una città di oltre 14 milioni di abitanti, la terza della Cina dopo Pechino e Shangai, 62,7 milioni di turisti annui, 20 milioni di TEU trasportati dal suo porto, con il 42% del territorio ricoperto di foreste e un PIL cittadino superiore alla Spagna e di poco inferiore all’Italia.

 

Ma per capire davvero Canton i numeri non bastano: occorreva andare lì, parlare con loro, ascoltare le relazioni dei loro leader; capire perché si chiama “la città dei fiori”, vedere 60 consoli generali allineati e scoprire che, nel frattempo, il mondo si è rovesciato. Ospite del Global Forum delle città amiche di Guangzhou, ho guidato una delegazione per conto del Sindaco Decaro, che ha avuto la visione di ricostruire un rapporto forte con la Cina, utile anche allo svilippo di Bari.

Oggi Guangzhou é il centro economico, politico, scientifico e culturale della Cina Meridionale. Dispone di infrastrutture moderne, tredici linee metropolitane attive, tre stazioni ferroviarie che collegano la città con il resto del paese (anche attraverso una recente linea ad alta velocità), un imponente e modernissimo complesso fieristico e un centro direzionale e di affari avveniristico. Inoltre, vanta quattro aree preferenziali per gli insediamenti produttivi e commerciali. Infine, nel novembre 2010, Guangzhou ha ospitato i Giochi Asiatici, la più importante manifestazione sportiva dell’Asia, mettendo in opera per l’occasione una grande riorganizzazione urbana con costruzioni futuristiche e notevoli potenziamenti infrastrutturali, che hanno cambiato il volto della città. Eppure la bilancia commerciale non è troppo sfavorevole per l’Italia, che anzi vende al Guandong la sua alta tecnologia.

Guangzhou non si è accontentata, negli ultimi 30 anni, di essere fabbrica globale, ma ha trasformato la sua economia comprendendo presto e grazie ad una programmazione strategica ferrea, tipica del modello cinese e socialista, di doversi orientare verso una economia dei servizi e dell’innovazione (la parola più ricorrente nei discori dei loro leader), della ambientalizzazione (il Sindaco ha raccontato la sua “buona pratica” del 40% di mezzi pubblici elettrici), della finanza e dei servizi avanzati. Senza tralasciare un’agricoltura di qualità, favorita dal clima tropicale.

Cosa insegna tutto questo a noi italiani del Mezzogiorno?

Con l’”Opening and reform act” che spinge l’acceleratore sulla “Road and belt initiative”, che mira a creare due corridoi strategici verso la Russia dal lato via terra e verso Oceano Indiano e Mediterraneo dall’altro, tramite il canale di Suez, il leader cinese Xi Jinping parla di noi.

Insieme a “innovation”, la parola più citata è stata “openess”, come esigenza primaria.

Se dal lato atlantico Trump avvia la guerra commerciale dei dazi, per proteggersi dall’invasione di merci cinesi ottenendo solo una delocalizzazione in Vietnam e una recessione incombente certificata dalla Fed, a dimostrazione che le economie globali sono ormai intrecciate tra loro, noi europei del Sud dobbiamo capire che il nostro mercato si chiama Mondo e la nostra forza si chiama Europa.

Che il nostro futuro si chiama qualità, ricerca, innovazione, apertura, Università, turismo, agricoltura biologica, rispetto del territorio e sviluppo delle infrastrutture strategiche.

 

A Guangzhou ho visto una città veramente globale, con poche chiusure provinciali, un alto livello dei servizi (metro, bus elettrici, colonnine di ricarica, wifi gratuito in città, strade perfette e ben manutenute, ponti e infrastrutture efficienti, ecc.), la movida notturna soprattutto internazionale, una “City” finanziaria attrattiva, una enorme public library e la Opera house disegnata da Zaha Hadid.

Guangzhou è una città capace di attrarre così investimenti e continui eventi internazionali, tra cui anche tanti congressi.

In tutto questo risiede la vera ragione del “Global forum” con i suoi 750 ospiti accreditati: dopo aver fatto emergere dalla povertà 500 milioni di cinesi, in soli 20 anni, le autorità cinesi hanno adesso bisogno di far partire i consumi interni attraendo investimenti e portando a frutto lo stock di debito estero che hanno acquisito in anni di espansione monetaria.

Si capisce dunque anche perchè ora vogliano convertire le città più grandi, in mega hub a forte valore aggiunto, trasformando i servizi in digitale.

Ora dunque tocca a noi, amministratori e classe dirigente meridionale, capire che la sfida deve essere colta a livello europeo, chiedendo maggiore integrazione delle politiche, infrastrutture strategiche (alta velocità ferroviaria, porti efficienti, Zes, 5G, centri di ricerca, più investimenti in alta formazione) e semplificazione burocratica per attrarre gli investimenti. Lo capiranno gli eletti in Parlamento nazionale ed europeo? E soprattuto, lo capiranno gli elettori? Appuntamento a maggio 2019.

 

Silvio Maselli

Assessore alle culture, turismo, partecipazione e attuazione del programma

Città di Bari

 

Articolo apparso su “La Gazzetta del Mezzogiorno” martedì 11 dicembre 2018

 

 

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