Il DDL cinema. Una buona legge, ma attenti al rumore di fondo…

Per i suoi automatismi, per il superamento della divisione tra cinema e tv con l’avvento dell’audiovisivo quale campo d’interesse legislativo, per la comprensione delle quattro filiere che lo compongono (produzione, distribuzione, esercizio, promozione e vendita internazionale), il DDL dimostra, ancora una volta, che Franceschini è un Ministro capace, politicamente solido, forte di un Direttore generale come Nicola Borrelli che – d’intesa con Salvo Nastasi che opera presso la Presidenza del Consiglio – ha saputo intelligentemente far tesoro del lavoro di ascolto avviato oltre due anni fa con gli Stati generali dell’audiovisivo.

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Il peso della cacca.

Tutti facciamo la cacca. In tutto il mondo, tutti i giorni (i più fortunati).
Tutti facciamo o vorremmo fare la doccia calda. In tutto il mondo, (quasi, sic!) tutti i giorni.
Tutti amiamo ascoltare musica riprodotta, vedere un film in santa pace a casa, asciugarci i capelli (chi ancora li ha).

Nessuno vuole i depuratori vicino casa.
Nessuno vuole un tubo che porti il gas dalla Russia a casa.
Nessuno vuole le centrali elettriche vicino casa.
Nessuno vuole che il progresso e lo sviluppo si manifestino in modo troppo esposto.

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Tra i primi in Italia.

Oggi è un bel giorno per Bari. Siamo tra i primi, in Italia, ad affidare con la concessione d’uso, la gestione di un bene culturale importante per la città.
Ecco perché.

La ripartizione Culture rende noto che questo pomeriggio, presso gli uffici in via Argiro 33, si è tenuta la seduta pubblica nel corso della quale si è data lettura dei punteggi attribuiti alle proposte di gestione/offerte tecniche e alla apertura dei plichi contenenti le offerte economiche in merito all’avviso per la “Concessione in uso e gestione della Sala Murat nell’ambito della realizzazione del Polo delle Arti Contemporanee di Bari, nonché per la selezione del progetto esecutivo di allestimento del Concept Store e del relativo piano di comunicazione”. Ai lavori della commissione, composta dalla presidente Paola Bibbò, dirigente della ripartizione Culture, da Piera Nardulli, dirigente della ripartizione Patrimonio, e dall’esperto in valorizzazione dei beni culturali e politiche di sviluppo locali Francesco Milella, hanno presenziato i rappresentanti di tutte le realtà partecipanti ammesse.

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La sala Murat di Bari. Privatizzazione o valorizzazione?

Alcuni giorni fa ho mandato in pubblicazione l’avviso di concessione d’uso della sala Murat di Bari.
Si tratta di un parallelepipedo di circa 600 mq, posto all’ingresso del borgo antico di Bari vecchia, interamente ricostruito negli anni ’90, sulla base dei vecchi progetti originari per un mercato dei fiori. Oggi è un luogo privo di qualsivoglia valore storico, sebbene negli ultimi vent’anni, grazie alla sua posizione, sia divenuto importantissimo contenitore di eventi di ogni genere. Affastellando cose buone a cose pessime, non consentendo all’Amministrazione di stabilire alcun discorso culturale, alcun percorso di crescita di un pubblico, alcuna attrattività turistica. E in più gravando sui bilanci comunali per le spese di gestione ordinaria e di manutenzione.

In estrema sintesi l’avviso di concessione d’uso del bene richiede all’aggiudicatario di impegnarsi da un minimo di 3 a un massimo di 12 anni, di versare al Comune un minimo di 5.000 euro annui dal terzo esercizio, di consentire al Comune di realizzare proprie iniziative per 60 giorni anche non consecutivi l’anno, di farsi carico di tutte le spese di gestione ordinaria, di garantire la manutenzione straordinaria, di allestire gestire e sviluppare il primo “Concept store creativo” della Regione Puglia, di realizzare mostre ed eventi d’intesa con il referente del Comune di Bari per le arti visive dott. Massimo Torrigiani.

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Bari, fior di balconi

Sono i residenti di via Venezia 23, strada del Carmine 30 e strada San Marco 39 i primi tre classificati al concorso “Bari, fior di balconi”, che si vedranno riconoscere premi in denaro rispettivamente dell’importo di 1500, 1000 e 500 euro. Al termine dei sopralluoghi effettuati nelle scorse settimane per valutare gli allestimenti e le decorazioni floreali proposte dai partecipanti (complessivamente 43), la commissione, presieduta da Paola Bibbò, direttore della ripartizione Culture, e composta da Giuseppe De Mastro, professore associato di Agronomia e coltivazioni erbacee dell’Università degli Studi di Bari ed Erminia Traversa, dirigente del settore Giardini del Comune di Bari, ha infatti approvato la graduatoria definitiva del concorso.

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Un anno vissuto appassionatamente.

Esattamente un anno fa, il neoeletto Sindaco di Bari Antonio Decaro, varava la sua Giunta, chiedendomi di farne parte.

Rinunciai allora alla direzione generale della Apulia Film Commission che avevo creato e conducevo da 7 anni e a svolgere il mio ruolo di Segretario generale dell’ANICA, la più importante associazione degli industriali del cinema e della televisione italiani.

Spesso mi sono e mi hanno chiesto, in questo anno, se avessi fatto bene a lasciare il mio mondo del cinema per dedicarmi ad una impresa difficilissima. Perdendo quasi la metà del mio salario e rovinandomi salute e vita privata.

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Combattere ad armi pari

Reed Hastings è certamente un manager capace. Portare da 0 a quasi tutto il mondo il cinema e le grandi serie via web con la sua Netflix è certamente un grande successo e la dimostrazione di un modello di business vincente.

Ma c’è un grosso ‘ma’, che gli economisti chiamano “level playing field”.

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Dove va l’asse del mondo. E noi.

La storia dell’umanità è la storia dello sviluppo delle città. Entro il 2025, secondo lo studio McKinsey sul mondo urbano (“Urban world: cities and the rise of the consuming class”), circa un miliardo di persone si sarà mosso verso le città. Di questi circa 600 milioni avrà scelto una città dei paesi in via di rapido sviluppo, contribuendo alla loro crescita e alla redistribuzione globale della ricchezza. Se nel  1965 a vivere nelle città era solo un terzo della popolazione mondiale, nel 2025 saranno il 66% degli abitanti del pianeta. E, ancora, delle 600 città globali, capaci cioè di offrire servizi evoluti e occasioni di lavoro, circa 440 saranno collocate in paesi emergenti. Che avranno così attratto capitali di investimento e imprese pronte a insediarsi nelle loro vicinanze.
ll bilancio economico globale si sta spostando, infatti, verso est e verso sud, in direzione di città emergenti: nuovi prodotti e nuovi servizi, anche culturali, andranno creati per offrire a questa massa impetuosa di persone di avervi accesso. I centri urbani consumano risorse e producono più rifiuti, ma richiedono anche maggiori servizi, tecnologie, opportunità e, in sintesi, determinano il miglioramento della qualità della vita perché i servizi vengono resi collettivi e organizzati meglio.
Per questo insieme di ragioni, l’Unione europea parla da tempo di “smart cities” e cerca di combattere il divario digitale, per favorire un continente più inclusivo e sostenibile.
Viviamo il più rapido slittamento del centro di gravità del mondo che la storia umana abbia mai conosciuto e la devastante crisi economica che morde la vita dal 2008, soprattutto nelle aree periferiche dei paesi sviluppati, non ha ancora mostrato i suoi artigli più velenosi.

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La Germania e noi.

Note del centro studi di Confindustria sulla situazione economica dell’Europa e sulle bilance commerciali degli Stati membri.

Durante la crisi i paesi periferici dell’Area euro hanno corretto rapidamente i loro deficit nei conti con l’estero, mentre i paesi core non hanno fatto nulla per ridurre i loro surplus.
Il saldo delle partite correnti italiano è passato dal -3,5% del PIL nel 2010 al +1,5% nel 2014 e quello spagnolo si è mosso dal -9,6% nel 2007 al +0,5%.
La Germania, invece, l’ha mantenuto sostanzialmente invariato a un livello (7,1%) che è eccessivo sia secondo i più elementari principi economici sia in base alle soglie di allarme europee. Il cosiddetto six-pack, infatti, sancisce che un surplus non possa superare il 6% del PIL (numero già alto).
È vero che il surplus della Germania verso il resto dell’Area euro si è annullato (dal 2,9% del PIL nella prima metà del 2007), ma attraverso minore export verso gli altri paesi euro anziché via maggiore import, che è invece calato.
Per aggiustare i conti i paesi in deficit hanno dovuto recuperare competitività di prezzo e ridimensionare gli standard di vita, generando deflazione e riduzione della domanda che non sono state compensate, come sarebbe stato logico e opportuno, da politiche espansive nei paesi in surplus, Germania anzitutto.

Risultato: domanda interna dell’Area euro più debole, occupazione e redditi più bassi. Insomma, minore benessere per tutti, compresi i tedeschi. E deflazione nell’intera Area: per combatterla la BCE deve correre ai ripari con misure come il Quantitative Easing che, da sole, non potranno bastare.

Un quadro di fragilità e instabilità. Per uscirne occorre uno stimolo alla domanda interna attraverso la politica di bilancio. Stimolo che il piano Juncker non garantisce. Perciò servono una dinamica più vivace di prezzi, consumi e investimenti nei paesi in surplus, in particolare in Germania, in modo da riequilibrare il peso dell’aggiustamento e limitarne gli effetti negativi, di cui ormai risente la stessa economia tedesca.

Nichi.

Riporto qui di seguito l’emozionante discorso integrale che Nichi Vendola ha tenuto per l’inaugurazione della 78^ Fiera del levante di Bari.
Un momento importante, di solito, perché rappresenta la riapertura della stagione politica autunnale, con il discorso di inaugurazione del Presidente del Consiglio.
Sebbene ormai con l’invasione dei nuovi media, non esistano più stagioni privilegiate per la comunicazione politica.

Tuttavia quest’anno molte cose nuove sono apparse agli occhi di tutti: la presenza di un Premier come Renzi, innanzitutto, giovane, dinamico e oggettivamente “nuovo”. E l’ultimo discorso pubblico in Fiera di Vendola, Governatore della regione che oggi tutti considerano la migliore del Sud d’Italia.

Io, per me, conservo il ricordo di dieci anni straordinari, vissuti insieme a Nichi, ai suoi e nostri tormenti, alla ricerca di un filo rosso che tenesse unita la passione per l’impegno solidale e politico, con la necessità di governare le contraddizioni della realtà. Ci è riuscito, Nichi? Ci siamo riusciti noi? E’ ancora presto per dirlo. Ma sono sicuro gli storici non potranno che raccontare una verità più conciliata di quanto oggi sia possibile fare.

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