Siamo fatti così

In questi giorni di enorme tensione per il Bif&st e di strappi laceranti dovuti alle solite ansiogene attività preparatorie, mi soccorre la meraviglia e il sorriso dei ragazzi che lavorano qui al Cineporto. Mi hanno appena bussato per mostrarmi trionfanti di essere riusciti a stampare nientemeno che il marchio AFC sulle buste commerciali. Anche l’immagine ha il suo peso, no?
E mi hanno strappato un tenero sorriso. Come quello di chi ora sta lavorando al nuovo portale web o al rinnovo del contratto di guardiania o al bilancio.
Che meravigliosa squadra che ho!

Credits

Niente di quel che pensiamo e realizziamo sarebbe mai possibile con l’intensità che ci mettiamo, senza un meraviglioso gruppo di giovani professionisti che collabora con l’Apulia Film Commission.
Senza Antonella, Costantino, Daniela, Francesca, Luca, Marcella, Massimo, Paola, Roberto, Virginia e i tanti e tante altri che quotidianamente offrono il proprio talento e la passione per assistere i numerosi progetti, per farli avanzare, per rendicontarli, per pagarli, per contabilizzarli e per le numerosissime altre cose che occorre fare per essere efficienti come amiamo essere, non esisterebbe nessun Bif&st o D’Autore o altro progetto capace di raggiungere i propri obiettivi.

Sul programma del Bif&st, per un mero errore materiale, mancano i loro “credits” e per questo li voglio citare qui e dire loro grazie ragazzi, grazie per quel che fate ogni giorno per costruire i nostri progetti e farli sempre più grandi.

Kino Roma e antiche suggestioni

Il flusso della vita trascina via i ricordi che si incistano in parti remote della memoria, per riaffiorare improvvisamente, come fulmini, quasi inaspettati.

Ieri a Roma ho assistito alla proiezione di un (bellissimo) documentario da noi prodotto presso il Kino Roma, circolo culturale cinematografico affiliato all’Arci nell’affascinante quartiere del Pigneto, il village romano dei giorni nostri. Ebbene appena entrati con gli altri colleghi e amici presenti che non conoscevano il posto, tutti hanno esclamato la propria sorpresa, ritrovandosi immersi in un clima da anni ’70, da cine club impegnato e attivo. All’inizio anche io mi sono emozionato, ho avvertito forte una sensazione di malinconia e di stupore, come se non fosse possibile entrare in un’oasi di accrescimento culturale come quello.

Ma poi, mentre scattavo foto con il mio iphone per documentare le vestigia contemporanee di un cinema che non esiste più, mi è tornata alla mente la mia vita precedente.
Son fatto così: vivo troppo intensamente il mio presente per lasciarmi blandire dal peso del passato. Epperò a sto giro ho sorriso di me.

Perché nei tardi anni novanta io ho fatto una cosa identica a Bari (e pure più bella se posso dirlo…) che si chiamava Anarres. Un luogo ereditato da meravigliosi militanti e intellettuali che, giunti spompati alla fine dei novanta, lasciarono a me e alcuni amici il compito di rinnovare vocazione e forma del più importante circolo culturale della città sommersa. Mesi interi passati col pennello in mano, a imparar a rompere e risarcire tracce elettriche, a far collegamenti, a costruire un contenitore che avesse un’anima.

Ci riuscimmo in poco meno di un anno. Molti intorno a noi perplessi, pochi solidali e pochissimi generosamente finanziatori. Così trasformammo un luogo polveroso in un cinema off a meno uno, sotto terra, come il Kino Roma. Nacque lì il mestiere che so fare oggi e dentro quella militanza gratuita, appassionata e come sempre bruciante si produssero legami e rotture, esperimenti e arricchimenti. Una generazione si forma così, nella lotta e nella conoscenza, nella scoperta e negli errori.

Per questo ieri, uscendo dal Kino Roma di via Perugia 34, ho pensato che ho già vissuto molte vite e che, comunque andrà, la parte mia la sto facendo per rendere migliore questo tempo nostro.

Sono circa vent’anni che costruisco luoghi e rapporti. Per questo quando incontro persone che sanno solo distruggere il lavoro altrui, ho imparato a cambiar strada e a ricominciare daccapo a costruire.

Oggi, ogni mattina, entro orgoglioso nel “mio” Cineporto, vado a visitare il Cineporto di Lecce e penso: sono vent’anni che costruisco…

E son contento

Sono eterosessuale. Convivo con la mia compagna e mio figlio in una casa che stiamo pagando grazie ad un mutuo. Non sono sposato, ma il nostro nucleo familiare è iscritto al registro delle unioni di fatto del mio comune. Che per fortuna ha istituito. Leggo questa notizia e sono contento. Il tema dei diritti civili è decisivo per il progresso di un Paese. Che la coppia sia etero, omosessuale, composta da due anziani, da due sorelle, da due trans, da un ragazzo ed una anziana, da un anziano ed una giovane donna, se c’è amore o interesse materiale o morale bè, per me vanno tutelate e difese. E allora evviva la Cassazione e lo stato di diritto, più forte di qualunque etica trascendente e di qualunque fastidiosa interferenza religiosa. Le coppie omosessuali, se con l’attuale legislazione “non possono far valere il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all’estero”, tuttavia hanno il “diritto alla ‘vita familiare’” e a “vivere liberamente una condizione di coppia” con la possibilità, in presenza di “specifiche situazioni”, di un “trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”. Lo afferma la Cassazione, in una sentenza depositata oggi. Il verdetto è arrivato a conclusione di un iter giudiziario avviato da una coppia gay della provincia di Roma che si era sposata all’Aja, in Olanda, e chiedeva la trascrizione dell’atto di nozze in Italia. Richiesta che la prima sezione civile della Cassazione ha respinto, stabiliendo però che anche per le coppie gay devono valere gli stessi diritti assicurati dalla legge a qualsiasi coppia etero e pertanto “possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza di specifiche situazioni, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”. Il pronunciamento della Suprema corte viene definito storico dall’Arcigay. La sentenza, sottolinea presidente nazionale Paolo Patanè, “ha segnato un altro importante passo avanti sulla strada di una sempre più efficace protezione delle coppie omosessuali”. “Sono almeno tre i punti che – spiega – ci sembrano configurare un’autentica rivoluzione copernicana.

Da una parte la Corte afferma che le coppie omosessuali godono pienamente di un ‘diritto alla vita familiare’, recependo quindi l’orientamento già espresso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2010. In secondo luogo la Cassazione riecheggia quasi testualmente la decisione già adottata dalla nostra Corte costituzionale sempre nel 2010, riconoscendo alle persone omosessuali ‘il diritto a vivere liberamente una condizione di coppia’ con la possibilità di ricorrere ai giudici ‘a prescindere dall’intervento del legislatore in materià. Ma soprattutto – osserva Patanè – la Corte formula importanti affermazioni di principio che sembrano smentire le posizioni recentemente espresse da alcuni politici circa la natura necessariamente eterosessuale del matrimonio”. Per il portavoce del Gay Center, Fabrizio Marrazzo, “la sentenza di oggi è importantissima: fa una fotografia della realtà delle coppie lesbiche e gay, stabilendo che anche per le coppie gay devono valere gli stessi diritti assicurati dalla legge a qualsiasi coppia eterosessuale. Sono parole chiare e nette di fronte alle quali il Parlamento e il Governo sono chiamati a dare una risposta”. Reazioni positive alla sentenza anche dal mondo politico. “Le coppie di fatto per la Cassazione hanno diritto a un ‘trattamento omogeneo alle coppie coniugate’. W la Cassazione abbasso, su questo, Alfano”, scrive su twitter il capogruppo di Fli alla Camera, Benedetto Della Vedova. Massimo Donadi, presidente del gruppo Idv alla Camera, si chiede come “è possibile che in questo paese, quando si parla di temi etici e di diritti civili, la politica arrivi sempre in ritardo? E’ accaduto nel recente passato con la vicenda di Eluana Englaro. Stavolta, sul tema della coppie gay, è la Cassazione a prendere atto dei cambiamenti sociali e ad esprimersi in base al diritto” Soddisfazione per il verdetto è espressa anche dal senatore Pd Roberto Della Seta, componente della commissione straordinaria per i diritti umani. “L’auspicio – afferma – è che ora questo principio di elementare buon senso trovi piena applicazione nelle leggi”. “Il nostro paese – continua – è uno dei più arretrati quanto a diritti delle persone omosessuali, e questo alimenta e legittima persistenti atteggiamenti omofobi e discriminatori, che talvolta non risparmiano anche esponenti politici”.

Fonte: Repubblica

Lazio

Nel Lazio è stata approvata la legge tanto agognata dal settore e molto sostenuta dall’ANICA.
Vediamola nel merito, anche se non trovo traccia sul web del testo ufficiale.

Centro regionale per il Cinema e l’Audiovisivo
La legge istituisce il Centro regionale per il Cinema e l’Audiovisivo, quale ente strumentale per la realizzazione degli interventi. Per lo svolgimento dei suoi compiti, in particolar modo per coordinare i servizi a supporto delle produzioni sul territorio e per analizzare l’efficacia degli interventi ai fini della programmazione, il Centro si doterà di due strutture di supporto: la Film Commission e l’Ufficio studi e ricerca sul cinema e l’audiovisivo.
Contestualmente viene soppresso il Carl, il Centro audiovisivo della Regione Lazio istituito nel 1996.

Fondo regionale per il Cinema e l’Audiovisivo
E’ lo strumento finanziario per assicurare l’attuazione degli interventi regionali a sostegno del settore ed è dotato di uno stanziamento complessivo di 45 milioni di euro per il triennio 2012-2014.

Programmazione
Secondo quanto previsto dalla riforma, entro il 31 ottobre dell’anno precedente a quello di riferimento la Giunta approva il Programma operativo annuale che definisce gli interventi da realizzare ed i relativi beneficiari, le priorità e i tempi di realizzazione, le modalità ed i criteri di concessione degli aiuti, le risorse strumentali e finanziarie necessarie.
Il Piano annuale viene realizzato all’interno della cornice programmatica rappresentata dal Documento programmatico triennale.
Sulla definizione dei programmi di intervento è chiamata ad esprimere pareri e formulare proposte la Consulta regionale per il Cinema e l’audiovisivo, composta da 15 membri designati dalle associazioni ed organizzazioni di categoria, dalle organizzazioni sindacali, dal Comitato regionale di coordinamento delle Università del Lazio (Crul), dall’assessore regionale alla Cultura, dal Comitato regionale per le Comunicazioni (Corecom) (come emendato integralmente da proposta di Antonio Paris.

Tipologie e modalità di intervento
Sono previste forme di sostegno per le attività cinematografiche ed audiovisive di produzione, distribuzione, esportazione, promozione, esercizio cinematografico, conservazione, studio e diffusione delle immagini in movimento, con particolare interesse verso l’innovazione tecnologica dei supporti e dei formati.
In particolare è riconosciuto specifico sostegno alla produzione ed alla distribuzione di opere: di interesse regionale, di animazione (emendamenti a firma del consigliere Irmici), per ragazzi, prodotte in teatri di posa localizzati nella regione, di genere e in particolare a basso costo, per disabili sensoriali attraverso la sottotitolatura o la sovrascrittura ed altre forme di fruibilità offerte dalla tecnologia, prime e seconde, di ricerca e sperimentazione di nuovi linguaggi multimediali e interattivi inclusi i cross mediali e i multi piattaforma, di produttori indipendenti, prodotte da micro e piccole imprese.
Contemplati anche contributi per gli esercenti cinematografici destinati a: promuovere la programmazione e la circuitazione, in particolare, di opere cinematografiche prime o seconde, di interesse regionale e di rilevante interesse artistico-culturale che trovano difficoltà nella distribuzione; migliorare le condizioni di accessibilità, di sicurezza e di adeguamento tecnologico-strutturale negli spazi adibiti a pubblico spettacolo. Previste, inoltre, forme di sostegno alle attività di pre-produzione, produzione e post produzione cinematografica e audiovisiva.
Tra gli interventi declinati, ci sono poi operazioni di internazionalizzazione, marketing e comunicazione relative all’intera filiera dell’industria cinematografica e audiovisiva regionale, a location regionali, alle opere di interesse regionale ed al cineturismo. E ancora interventi per la formazione, l’aggiornamento e la riqualificazione professionale del personale artistico e tecnico e di sostegno a percorsi di alta formazione, specializzazione e stages all’estero, anche attraverso la concessione di borse di studio a favore, in particolare, di giovani avviati alle professioni tecnico-artistiche del settore. Previste, infine, attività di ricerca, raccolta, catalogazione, conservazione, restauro ed analisi della documentazione cinematografica ed audiovisiva prodotta nel territorio regionale.
Il testo prevede che gli interventi potranno essere realizzati anche avvalendosi di società a partecipazione regionale che si occupano di attività, programmi o progetti riconducibili al settore del cinema o dell’audiovisivo o che operano nel settore del credito delle imprese.

Lo avevamo già letto.

Lo avevamo già letto sull’ottima ricerca commissionata da Mediaset e realizzata dalla Isi Cult relativamente all’universo mediologico nazionale, ma questo studio di Eurobarometro ci conferma che la TV è, seppur in calo relativo, la più amata dagli italiani e che, dunque, sulla TV e per la TV si fanno pazzie. Come per esempio la ridicola, triste – se non fosse drammatica – presa di posizione di Angelino Alfano che sta facendo ballare il governo più amato della storia recente del Paese per il solo fatto che Mario Monti avesse citato la parola “Rai” in relazione ad un incontro convocato con A, B e C, i leader che appoggiano il governo.
La cattiva politica, cioè quella che pensa ai fatti propri invece che al bene comune, non muore così facilmente, dopo soli tre mesi di montismo. Per ucciderla ci vuole un voto chiaro, forte, netto. Ed un’alternativa altrettanto chiara. Che francamente non si vede ancora all’orizzonte.

“Tv e radio ancora le preferite degli italiani, mentre aumenta anche l’uso di internet. E’ quanto emerge dal Rapporto sull’Italia dell’Eurobarometro Standard 76, presentato oggi alla Rappresentanza in Italia della Commissione europea e discusso dal presidente dell’Ispo (istituto per gli studi sulla pubblica opinione) Renato Mannheimer e il presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara. Il sondaggio e’ stato condotto tra il 7 e il 20 Novembre 2011 su un campione di 1.031 cittadini. Per gli italiani (83%) e per gli europei (86%) la televisione rimane il mezzo di comunicazione di massa piu’ utilizzato anche se con alcune differenze percentuali legate all’eta’, al genere e alla provenienza geografica degli intervistati. A seguire troviamo la radio, anche se meno di un terzo degli italiani afferma di accenderla una volta al giorno (in Europa oltre la meta’ degli intervistati invece dichiara di farne un uso quotidiano) e la carta stampata, che vede il dato sul suo utilizzo giornaliero da parte degli italiani in ulteriore calo rispetto a un anno fa (dal 29% al 25%). La televisione risulta essere attendibile nel presentare le notizie europee anche se, proprio come la radio e la stampa, il dato sul grado di fiducia in essa riposto e’ in calo. Infine, qualche considerazione sul trend della rete. Gli utenti di internet sono in aumento: circa il 39% degli italiani dichiara infatti di connettersi quotidianamente. Inoltre, per ottenere informazioni sull’Unione europea vengono consultati principalmente i siti dei quotidiani o dei settimanali; a seguire troviamo le pagine istituzionali, i blog e altri siti di condivisione. L’utilizzo dei social media per ricercare informazioni rimane ancora marginale, ma la maggior parte degli intervistati ritiene che siano funzionali ad una maggiore partecipazione politica dei cittadini.”

Fonte: Primaonline

L’indipendenza paga

Bravo Alessandro!

Settimana zeppa di nuovi film. Troppi. Attenti a lasciarvi sfuggire il piu’ stracult di tutti, “Henry”, terzo noir ironico, violento e bizzarro di Alessandro Piva dopo l’incredibile doppietta pugliese formata da “La capagira” e “Mio cognato”.
Anche qui si gira attorno a una serie di eccessi e di personaggi malavitosi e grotteschi che si sparano e si uccidono allegramente in nome di un cinema d’azione alla Fernando Di Leo che Piva sembra venerare. “Il mondo si divide in due parti. Ci sono quelli che sgusciano le vongole prima di mangiare gli spaghetti e quelli che le sgusciano durante. Io faccio parte dei primi.”, e’ la grande massima del boss napoletano interpretato da Alfonso Santagata di fronte al suo killer di fiducia, certo Martino, un Dino Abbrescia scatenato che parla un napoletano pesante e dalla pistola facile.
“Lasciamene almeno uno vivo”, gli chiede Santagata. Autoprodotto con un milione e trecentomila euro scuciti dallo stesso regista (un eroe), distribuito dall’indipendente Iris Film, con un cast che vanta i migliori nomi del nostro cinema piu’ giovane, Carolina Crescentini, Michele Riondino, Claudio Gioe’, Paolo Sassanelli, e’ un viaggio in una inedita Roma notturna fatta di strafattoni, spacciatori, mignotte, gangster bianchi e neri, poliziotti corrotti sul modello piu’ dei vecchi film di Maurizio Merli e Tomas Milian che su quelli della nuova fiction alla Piva applica la lezione dei suoi primi due film al poliziesco romano insistendo particolarmente sulla costruzione di tutti i personaggi che mette in gioco, dal poliziotto buono Claudio Gioe’ alla ragazza traviata Carolina Crescentini, dai killer Davide Coco-Dino Abbrescia ai neri finalmente credibili, Aurelien Gaya e Eriq Ebouaney, stella del cinema internazionale gia’ visto in “The Horde”, “Le crociate”, “Femme fatale”, dal ragazzo che non c’entra niente Michele Riondino, ormai diventato il giovane Montalbano della tv, a Alfonso Santagata, grande attore teatrale a suo tempo riscoperto da Moretti e Garrone.
La storia ruota attorno all’omicidio di uno spacciatore romano, il Max Mazzotta di “Paz”, e alla scomparsa di un carico di coca che mette in agitazione due bande rivali, quella degli africani e quella dei napoletani. In mezzo un gruppo di ragazzi che si ritrova invischiato nel caso e i due poliziotti che cercano di trovare una soluzione all’omicidio e alla sparizione della droga.
Decisamente superiore alla media dei film italiani prodotti in queste ultime stagioni, forma con “Acab” di Stefano Sollima una decisa resistenza al predominio della commedia e una bella incursione nel cinema di genere italiano. E offre a Carolina Crescentini uno dei suoi ruoli migliori di sconvoltona romana. Ha pure una grande scena di sesso con Michele Riondino offerta in esclusiva per i lettori di Dagospia dal regista.

Fonte: Dagospia

Orgoglio regionale

Ho visto la prima bella puntata de “Il giovane Montalbano” con il “nostro” Michele Riondino.
Ne sono orgoglioso. Michele è autorevole perché sa modulare i registri, dal comico al drammatico e s’intuisce la sua militanza teatrale, fatta di sudore e gavetta.
Bravo Michele, sei il nostro orgoglio.

Lavorar con questa donna.

Innegabile, abbiam beccheggiato tra i marosi, all’atto dell’abbandono dell’ex Presidente.
Giunte inaspettate e non auspicate, le dimissioni sono state cavalcate da ingenerosi commentatori, da politici moralisti, da perdigiorno inconsistenti, da ipocriti di ogni risma. Dimostrando che, nei momenti topici, le scarse qualità delle persone emergono prepotenti.
Ma dal guasto, si dice alle nostre latitudini, vien l’aggiusto.

Perché è giunta nelle nostre vite una ragazza dal passo solo apparentemente goffo, eppure straordinariamente acuta nel traguardare ogni giorno ed ogni ora nuove conoscenze e competenze, nel sommare dati e informazioni in un prisma creativo, ché il piglio dell’innovatrice non le manca.

L’antipasto fu vederla assisa a pranzo, il primo giorno nel pieno possesso delle sue nuove funzioni, assieme ai generosi ragazzi del team di lavoro quotidiano: abbattuti tutti i muri del reciproco sospetto, in un colpo solo, una di noi che lavora con noi, non tramite noi per altri scopi. E fiducia fu, al primo sguardo.

Il prosieguo fu vederla alle prese con la conduzione di un luogo di maschi in attesa delle novità. Ogni parola venne spesa per dispensar coraggio, visione, passione, riconoscenza per il lavoro fatto e da fare.

Il quotidiano è animato di progetti straordinariamente innovativi, di idee ogni giorno fresche, sbarcate da notti serene; di mediazioni sempre al rialzo, mai pensate per accontentare qualcuno o qualcosa e poi morirne inconsapevolmente ogni giorno più del giorno precedente. Di confronti orizzontali, senza la barriera del ruolo eretto a protezione di un fortino vuoto come gli pneumatici. Di ascolti reciproci. Di dialogo che non vive della somma di due monologhi, ma di comprensione vera dell’altrui pensiero. Di carezze, mai di sberle. Perché anche una carezza data con minor trasporto, fa comunque capire che il tiro va aggiustato. Di riflessioni, più che d’impulsi irretiti dal testosterone. Di attese in macchina, perché una donna ti fa sempre aspettare e ti dice semmai “cosa vuole che muoia”?! se non ce la fa ad esser lì quando la vuoi tu. Di ricerca permanente, di equilibrio necessario, di compenetrazione tenace, di spavento e stupore, di stanchezza felice, di rispetto fraterno.

Lavorar con questa donna, dona sensazioni incantevoli, perché davvero capisci d’esser parte di un tutto, finalmente.
E di aver trovato la tua parte migliore. Per fare migliore il tempo nostro.
Una presidente così se la sognano altrove.
Da dove sei arrivata? Dove andiamo adesso? Non lo so, l’importante è andare.
Diceva il vecchio saggio Kerouac.
E allora andiamo per vie che ancora non conosciamo Antonella, andiamo, ci sarà da divertirsi.

Parole in libertà

In una presentazione presso la Feltrinelli di Bari di un paio di giorni fa, una delle proprietarie di un famoso cinema teatro cittadino ormai mestamente chiuso, pare abbia aggiunto le proprie ubbie alle voci già abbondantemente aggregatesi per la serata in libreria.
Tra i suoi argomenti quello che la nostra Fondazione non abbia loro pagato il pattuito compenso in occasione del Bif&st dello scorso anno mi ha molto affascinato.

Ora mi permetto di utilizzare questo pulpito per scantonare dalle mie usuali riflessioni in materia di audiovisivo e creatività, giacché mi sento chiamato in causa, in qualità di Responsabile Unico del Procedimento sui fondi FESR della AFC e desidero ardentemente ricordare, alla signora, che la nostra amministrazione ha erogato l’acconto come da prassi e accordi e che, al momento di versare il pattuito, come da legge nazionale, ha effettuato il doveroso controllo di inadempienza tramite il portale di Equitalia cui siamo obbligati in quanto soggetto erogatore di pubblici denari.

Tale controllo è risultato esiziale, giacché ha segnalato una gravissima inadempienza da parte del fornitore di servizi e dunque ci ha impedito, pignorando la somma pari al saldo, di procedere al pagamento, intimandoci di stornarlo a favore dell’agenzia delle entrate.

Dunque, volendo essere un po’ più precisi di come mi si riferisce sia stata la signora, non di nostra volontà s’è trattato, bensì di inadempienza fiscale del fornitore.

Peccato aver avuto alt(r)i e più urgenti impegni, avrei sfruttato l’occasione per ricordare agli astanti che pagare le tasse è un dovere di ogni cittadino e di ogni azienda.